Cantone riapre il processo per il velo imposto dal marito

Cantone riapre il processo per il velo imposto dal marito
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Mercoledì 1 Dicembre 2021, 05:01
L'INCHIESTA
Raffaele Cantone lo aveva fatto capire: la sua procura abbraccia la causa di Salsabila. La donna di 33 anni, originaria del Marocco, che ha denunciato il marito per le botte, le vessazioni e anche per la costrizione a indossare il velo, non è sola nella battaglia contro l'uomo e la sua stessa cultura. In una nota ufficiale, infatti, ieri il procuratore capo di Perugia ha comunicato di aver revocato la richiesta di archiviazione avanzata dal sostituto Franco Bettini nei confronti dell'uomo accusato di maltrattamenti. Richiesta spiegata sottolineando come «la condotta di costringerla a tenere il velo integrale rientra nel quadro culturale, pur non condivisibile in ottica occidentale, dei soggetti interessati». E quelle due parole, «quadro culturale», hanno alzato un polverone di polemiche intorno a via Fiorenzo Di Lorenzo, con tanto di intervento di parlamentari e politici lancia in resta contro la procura. La stessa Salsabila, simbolicamente nella giornata per l'eliminazione della violenza sulle donne, tramite il suo legale Gennaro De Falco aveva proposto opposizione all'archiviazione e ieri è arrivata la richiesta di revoca, giustificata si legge nella nota di Cantone - «dalla necessità di effettuare ulteriori attività investigative, cui fa riferimento l'atto di opposizione, fra cui anche l'audizione diretta della querelante». «Imporre il velo non può essere giusto nel nostro Paese che ha proprie regole. Che non sono certamente quelle della tradizione islamica», aveva detto il procuratore dopo che il caso era finito sui giornali. Nella richiesta di archiviazione del pm, ora revocata, si sosteneva tra l'altro che «il rapporto di coppia viene caratterizzato da forti influenze religiose-culturali alle quali la donna non sembra avere la forza o la volontà di sottrarsi». Ma invece Salsabila, adesso al sicuro in una residenza protetta, dopo aver lasciato i tre figli avuti con il marito in Marocco per tornare in Italia per alcune pratiche, il coraggio per denunciare l'ha trovato. E adesso, ha anticipato lo stesso Cantone, sarà ascoltata dagli inquirenti per approfondire la sua versione. In cui ha denunciato anche le botte subite «subito dopo il parto» o quelle minacce di morte per cui ha vissuto nell'ansia e nel timore. «Il quadro culturale dei soggetti interessati è un elemento del tutto estraneo e irrilevante rispetto al principio dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale che non prevede alcuna deroga di sorta», aveva commentato l'avvocato De Falco, sottolineando nell'opposizione come la «sistematica condizione di sottomissione costrizione e maltrattamento subita per lungo tempo è assolutamente illuminante perché dimostra anche la consapevolezza da parte dell'indagato di mantenere una condotta di vita vietata dalla legge italiana che intende dissimulare, in ciò integrandosi anche la prova dell'esistenza dell'elemento psicologico del reato». E.Prio.
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