Ospedali, interventi chirurgici a rilento causa Covid: la necessità di ripartire

Ospedali, interventi chirurgici a rilento causa Covid: la necessità di ripartire
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Sabato 8 Maggio 2021, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 08:17

 C'è un'emergenza nell'emergenza e adesso che per il Covid si comincia a vedere uno spiraglio, dagli ospedali si leva un appello a riprendere le attività ordinarie almeno per quanto attiene alle chirurgie. Finora è stata data priorità assoluta alle patologie tumorali, con rigido rispetto delle prescrizioni relative al Covid 19, ma è capitato anche che saltassero all'ultimo istante sedute programmate - con pazienti pronti - perché gli anestesisti dovevano correre ad assistere i pazienti positivi che andavano intubati. Una situazione che dopo oltre un anno dall'inizio dell'emergenza diventa difficile da spiegare a pazienti e familiari in attesa di un intervento chirurgico di ogni genere. Persone che, se possono, si rivolgono a strutture fuori provincia - ampliando il fenomeno della cosiddetta mobilità passiva - quando non private.


È una questione globale, per la verità, un recente studio dell'università inglese di Birmingham,su 359 ospedali di 71 Paesi del mondo calcola che 3 operazioni su 4 di quelle programmate non sono state svolte durante la pandemia.

Qualcosa come 28 milioni di operazioni chirurgiche, 2,3 per tumori e 6,3 per ortopedia. Queste ultime - come altre - sono elettive e quindi programmabili, mentre per le patologie oncologiche occorre intervenire a stretto giro.


A questo si aggiungono i ritardi negli screening e nelle visite specialistiche, con conseguenze facilmente immaginabili. La Asl sta adottando i primi provvedimenti verso un percorso di ritorno alla normalità, ma è un percorso tutt'altro che semplice.
Nei giorni scorsi in commissione sanità alla Regione il presidente, il consigliere pontino Giuseppe Simeone, aveva chiesto all'assessore D'Amato di «Tornare gradualmente alla normalitàanche nei nostri ospedali. Un obiettivo che oggi deve essere perseguito con tenacia per dare ai pazienti no Covid la possibilità di essere curati. Rischiamo di pagare questa situazione in termini di salute nei prossimi mesi».
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