Operatori sociali vestiti da clochard per aiutare Joana, la donna viveva allo stato brado vicino a un fiume

Operatori sociali vestiti da clochard per aiutare Joana, la donna viveva allo stato brado vicino a un fiume
di Marco Cusumano
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Martedì 20 Settembre 2022, 11:15 - Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 16:50

Viveva allo stato brado, accanto a un fiume, cibandosi di animali selvatici che uccideva e cucinava sul fuoco. Nessuno poteva avvicinarla, era pronta a lanciare sassi e sputare contro chiunque. Una situazione estrema, segnalata più volte al servizio di Pronto Intervento Sociale. Ma anche gli operatori non riuscivano ad avvicinarsi a quella donna, così isolata e aggressiva. Poi l'idea, semplice ma geniale: «Togliamoci le divise e vestiamoci come lei». Così le operatrici del Pis di Aprilia si sono vestite come clochard, niente divise colorate ma solo vecchi stracci addosso. In questo modo sono riuscite a creare una piccola crepa in quel muro che separava la donna dal resto del mondo.

«Non è stato semplice - racconta Paola Cappelletto, coordinatrice del Pronto Intervento Sociale di Aprilia - ma piano piano siamo riuscite ad avvicinarci senza essere insultate o aggredite come avveniva all'inizio. Dopo un po' di tempo siamo riuscite anche a stabilire un dialogo, seppur con grosse difficoltà». Un lavoro lungo e delicato che ha consentito di scoprire una vicenda umana davvero inimmaginabile.
Quando le operatrici sociali hanno capito che la donna era di nazionalità polacca, hanno immediatamente contattato l'ambasciata a Roma per segnalare il caso nella speranza di ottenere un supporto nell'identificazione. Tra grosse difficoltà, soprattutto nel dialogo con la signora, è stato possibile risalire al nome della donna e, dopo qualche giorno, è emersa la sua drammatica storia.

IN FUGA DAL 2018
Joana (il nome è di fantasia) ha lasciato la Polonia nel 2018 fuggendo dalla struttura psichiatrica di Bielsko-Biala, allontanandosi a piedi, senza comunicare la sua destinazione a nessuno. Nella sua cittadina di origine ha lasciato due figli gemelli, all'epoca già affidati alla nonna dopo un intervento delle autorità per alcuni problemi psichici della madre.
La donna, secondo la ricostruzione, si è allontanata a piedi vivendo alla giornata e trovando riparo dove capitava. Mesi e mesi di spostamenti, senza una meta precisa, con evidenti problemi psichici e difficoltà di relazione con chiunque. Dopo un periodo passato in Francia, Joana è arrivata in Italia, probabilmente poco prima del lockdown, raggiungendo Aprilia.
Qui si è accampata sull'argine del fiume Incastro, nella zona di Fossignano, non lontano dal comune di Ardea. E' stata notata da diversi residenti, perché ogni tanto usciva dalla vegetazione e camminava tra le strade nel quartiere attirando l'attenzione. «A noi la segnalazione è arrivata nel dicembre 2021 al numero verde del servizio di Pronto Intervento Sociale gestito dalla Astrolabio - spiega Paola Cappelletto - da parte del parroco di Fossignano, don Gregorio, il quale riferiva della presenza di una donna di origine straniera in grave stato di vulnerabilità, senza dimora, che dormiva in un giaciglio lungo l'argine del fiume».

Dopo il lungo lavoro di identificazione e avvicinamento, gli operatori sono riusciti a ottenere un Tso (trattamento sanitario obbligatorio).

La donna è stata ricoverata prima al Goretti di Latina e poi alla clinica Sorriso sul Mare di Formia dove è stata sottoposta a cure specifiche e a un delicato percorso di riabilitazione.

UNA NUOVA VITA
Nel frattempo gli operatori hanno ricostruito la rete familiare di Joana rintracciando i pareti più stretti, in particolare la mamma e i due figli a lei affidati. «Abbiamo organizzato anche delle video chiamate - raccontano gli operatori dei servizi sociali - e dopo un lungo percorso siamo riusciti a ottenere il via libera al rientro della donna nel suo paese di origine». Joana è partita domenica dall'aeroporto di Fiumicino accompagnata dai suoi angeli custodi, quei servizi sociali che per anni aveva allontanato con modi bruschi e che invece alla fine ha voluto ringraziare per il supporto.
Ora è tornata da sua madre e dai suoi figli, in Polonia, dove proseguirà le cure psichiatriche con una prospettiva del tutto diversa. Una nuova vita dopo anni passati ai margini della società.

I SERVIZI SOCIALI
«E' stata una delle soddisfazioni professionali più grandi, aiutare una donna in difficoltà e riportarla nella sua famiglia di origine. Soprattutto è stato un grande lavoro di squadra». Paola Cappelletto è la coordinatrice dell'unità del Pronto Intervento Sociale LT1 composta da professionisti specializzati: educatori e OSS. Sono stati loro a seguire la particolare vicenda della donna polacca tornata a casa domenica dopo aver vissuto per anni in strada, nell'ultimo periodo vicino all'argine di un fosso ad Aprilia. «Pensavamo fosse malata - raccontano - poiché beveva l'acqua inquinata del fiume e mangiava ciò che capitava, invece per fortuna le sue condizioni generali erano discrete dal punto di vista fisico, considerando la situazione». L'intervento è stato realizzato con il supporto dei servizi sociali, della UOSD Popolazione Migrante e Mobilità Sanitaria della Asl (Eleonora Mazzucco), del CSM (responsabili Patti e Schifano) e con il supporto dei carabinieri.

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