«Vincerò per papà»: la ginnasta Alice D'Amato ai mondiali di Liverpool nel ricordo del genitore scomparso di tumore

Alice D'Amato, campionessa europea di ginnastica artistica in forza alle Fiamme Oro, racconta dei traumi, sportivi e non, che ha dovuto affrontare nell'avvicinamento al mondiale di Liverpool che avrà inizio stasera ore 21 15

«Vincerò per papà»: la ginnasta Alice D'Amato ai mondiali di Liverpool nel ricordo del genitore scomparso
di Sergio Arcobelli
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Domenica 30 Ottobre 2022, 16:22

La ginnastica artistica non è uno sport qualunque. È una disciplina che più di altre tempra lo spirito, insegna a non mollare mai e a rialzarsi dopo aver preso un duro colpo. Lo sa bene Alice D'Amato, la 19enne atleta genovese delle Fiamme Oro che, come racconta in questa intervista, ha dovuto superare diversi traumi, sportivi e non. Il più tremendo poco più di un mese fa: la morte di papà Massimo. Se l'è portato via un tumore. La ferita è ancora aperta e per questo Alice, ai Mondiali di Liverpool iniziati ieri, spera di conquistare una medaglia da dedicare a quel padre così speciale.

«Mi mancherà chiamarti alla solita ora, mi mancherà la domenica fissa al ristorante, insomma mi mancherà tutto di te quel vuoto che sentirò dentro non riuscirò più a colmarlo. Ti amo papà», così in un post su Instagram, condiviso dalla gemella Asia, che invece è rimasta a casa per un infortunio patito agli Europei di agosto. Oggi l'Italia farà il suo debutto nel Mondiale (ore 21 15): la squadra femminile, bronzo iridato nel 2019, quarta a Tokyo 2020 e campione d'Europa due mesi fa, sarà impegnata nelle qualificazioni del team event.

In palio, c'è la finale a 8 di martedì che assegna tre pass olimpici.


Alice, come è arrivata a questa rassegna?


«Preparata, quello è sicuro. Spero sia un Mondiale pieno di soddisfazioni per me e per la squadra. Arriviamo qui da campionesse d'Europa in carica, ma ogni competizione fa storia a sé. Ciò che abbiamo fatto è nel passato, ora dobbiamo pensare al presente e dare il massimo».

Sua sorella Asia, campionessa d'Europa nell'all around, non è con lei. L'ha incoraggiata?


«Mi fa strano che non ci sia, è la prima volta che non gareggiamo insieme. Mia sorella è giù, ci sta male, piange perché vorrebbe essere con noi e ho cercato di rincuorarla. La capisco perfettamente perché ci sono passata anche io».

Quando?


«Nel 2015 mi sono rotta il crociato e il menisco e sono stata ferma un anno. Avevo 12 anni e in Italia non potevo operarmi in quanto minorenne. Avrei dovuto aspettare i 18 anni senza poter fare ginnastica».

Cosa successe allora?


«La mia fortuna è stata che, due settimane prima che mi facessi male, erano venuti gli austriaci a fare un collegiale a Brescia. Con loro c'era anche il loro medico, che poi mi ha operata a Linz. Se non fosse stato per lui, a quest'ora non saprei che fine avrei fatto».


Nella sua carriera ha avuto altri problemi fisici?


«Sì, mi sono rotta tre volte le caviglia, il polso, ne ho avuti di infortuni insomma. Ma questo sport ci insegna l'importanza dei sacrifici».


L'ultima sua medaglia è stata l'argento europeo alle parallele, ottenuto dopo aver visto sua sorella farsi male. Quell'episodio l'ha condizionata?


«Sicuramente sì. Sarebbe stato lo stesso se si fosse infortunata una mia compagna di squadra, ma essendo mia sorella mi ha fatto ancora più male».

Quando è salita sull'attrezzo cosa ha pensato?


«All'inizio, la voglia di gareggiare non era tanta, perché avrei voluto stare accanto a mia sorella. Ma poi mi sono detta: lo faccio per me, lo faccio per lei'. C'era una finale da completare e volevo farcela comunque. Ho conquistato l'argento per lei».


È stata anche l'ultima medaglia che suo padre ha visto.


«Papà era un vigile del fuoco, ha salvato la vita a tanta gente. Quando si è ammalato l'anno scorso, ci è crollato il mondo addosso. Noi eravamo in ballo con la maturità e la preparazione per le Olimpiadi. È stata una bella batosta sapere in quel periodo che cosa stava succedendo a papà, sapere del tumore. Ha continuato con le cure, ma nell'ultimo periodo non stava bene. Abbiamo cercato, io e mia sorella e mia mamma Elena, di stargli vicino il più possibile».

Le sue compagne di squadra non hanno voluto mancare al funerale.

«Il nostro gruppo è molto molto affiatato. È stato fondamentale per trovare la forza di andare avanti».


Si spiega anche così il successo della ginnastica azzurra?


«La nostra fortuna è che facciamo parte della stessa squadra da quando avevamo tra i 10 e i 12 anni. Ci siamo trasferite all'Accademia di Brescia e siamo cresciute insieme. Questa è la nostra forza».

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