«La trama del lusso»

«La trama del lusso»
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Venerdì 5 Dicembre 2014, 06:06
L'INTERVISTA
Il segreto? Acqua, materia prima d'eccellenza e abilità creativa. Tre litri dal fiume Sesia per ogni metro di tessuto, accompagnati da una professionalità che si tramanda da generazioni. Così prendono vita le stoffe da sogno che escono dai telai del Lanificio Luigi Colombo. L'azienda conta due stabilimenti fra Borgosesia e Ghemme, in Piemonte: leader nella lavorazione di fibre pregiate, i suoi tessuti nobili sono contesi da Armani a Hermès, passando per tutte le griffe al top. L'intera produzione, dalla scelta delle materie prime ai tessuti e alle collezioni, avviene qui, ai piedi delle Alpi piemontesi. Un lusso altissimo ma discreto, ad andamento lento, nel rispetto della natura (l'acqua del Sesia torna al fiume pulita, i filati sono etici, tutti provenienti da animali vivi), come piace ai Colombo.
L'azienda è alla seconda generazione con Giancarlo e Roberto. Il primo è il “cacciatore” di materia prima. Un po' Marco Polo, un po' Indiana Jones, batte a tappeto Paesi e continenti: dalla Cina all'America del Sud, dall'Australia al Canada. Ricerca e acquista le fibre che si ricavano da velli rari, frutto di uno stile di vita millenario di pastori nomadi e allevatori. La capra Hircus hymalaiana per il cashmere con il suo sottovello duvet (pochi etti ogni anno) ricavato con la pettinatura. O la vicugnaa che pascola nelle cordigliere fra Perù, Cile e Argentina: anticamente solo la famiglia reale poteva indossare la sua preziosa fibra, oggi la più fine al mondo tra quelle tessili, 12 micron di diametro. O il guanaco sudamericano e il suo pelo fine e soffice. Fino a ermellino, visone e cincillà: nessun animale viene ucciso, i loro peli sono ricavati dalla muta in primavera e mescolati ai filati per produrre le stoffe più care al mondo.
A Borgosesia il testimone passa a Roberto, il creativo dell'azienda. E agli operai specializzati che compiono ogni volta la magia. Professionalità, tecnologia e ricerca producono risultati come il cashmere decostruito, i double e i tinti in capo. O ancora il tessuto Thermo che garantisce impermeabilità. Dalla fine degli anni Ottanta hanno visto la luce anche le collezioni lifestyle donna, uomo e accessori. Ma la storia del Lanificio Colombo merita di essere raccontata da chi la scrive ogni giorno, l'amministratore delegato Roberto Colombo.
Un'azienda o una famiglia?
«Lanificio Colombo è la storia di una famiglia, come accade per tutte le imprese grandi o piccole che esprimono prodotti di lusso. Una famiglia che si tramanda sapere e capacità e che da 20 anni è la principale produttrice al mondo di tessuti in fibra nobile: cashmere, cammello, guanaco, vicugna e fibre speciali da pelliccia».
Ci accompagna in un viaggio dal filato alla giacca?
«Siamo un'azienda verticalizzata. La materia prima la andiamo a cercare. Il cashmere e il cammello in Mongolia, la vicugna e il guanaco in Argentina, Cile e Perù. E poi i peli come visone, cincillà ed ermellini dagli allevamenti. Le materie prime sono poi filate, tinte, tessute e anche tradotte in collezioni. Dall'acquisto della fibra al prodotto finito passano due anni».
Come concilia Lanificio Colombo la produzione di tessuti e di pret-à-porter?
«È il prolungamento della passione di questa famiglia, non incrocia l'attività tessile. Non produciamo moda, produciamo qualità, capi che non servono per apparire ma per essere. Collezioni di qualità altissima per far star bene chi le indossa, non farla “apparire” bene».
C'è un filato a cui è più affezionato?
«Lavoro da 35 anni in questa azienda e tutti i filati sono un po' miei figli. Vado orgoglioso di avere prodotto tre anni fa il primo filo di pura vicugna, lungo 150 chilometri per un chilo. Il risultato è il prodotto tecnologico più avanzato al mondo nelle fibre animali: è la summa del nostro lavoro e ci rappresenta. Da questo filo è nata flying stole, stola tanto fine da passare attraverso un anello e davvero sublime. Nella giacca Kate (sei etti e mezzo di peso, sette anni di studio, destrutturata, tinta in capo, ndr.) si esprime un'altra eccellenza. È un prodotto ibrido stupendo: si modella addosso e illustra la nostra missione e la nostra anima».
Tecnologia e artigianalità a braccetto?
«È un lavoro che ha bisogno un grande know how nel tempo, un trasferimento del saper fare da generazione a generazione di operai e di tecnici. La nostra azienda non è pura tecnologia, anzi l'opposto. In un certo senso siamo anacronistici: nell'era del super tecnologico, il nostro è lavoro di sedimentazione continua, la very old economy. La new age della very old economy».
Che cosa è il lusso?
«Il lusso è ciò che fa stare bene. Viviamo in un'epoca complessa, inutile nasconderlo. E cerchiamo momenti di serenità con la famiglia e con chi ci è caro. In questi momenti se hai qualcosa da metterti addosso che rispecchia te stesso e ti dà benessere, quello è il lusso. Il lusso sta negli occhi di chi indossa qualcosa che lo fa stare bene».
Paola Pastorini
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