Soldi al clan Di Silvio in cambio di voti, indagato Adinolfi

Soldi al clan Di Silvio in cambio di voti, indagato Adinolfi
di Laura Pesino
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Mercoledì 14 Luglio 2021, 05:02 - Ultimo aggiornamento: 10:53

L'OPERAZIONE
Dagli attentati di fuoco del 2010 per il controllo delle attività criminali sul territorio a un livello superiore, quello della politica. Quello costruito sui legami con gli esponenti e i candidati di alcuni partiti e sulla compravendita di voti nelle elezioni amministrative. Un sistema già venuto in parte alla luce nel corso dell'inchiesta Scheggia a Terracina, che aveva coinvolto l'imprenditrice Gina Cetrone, e che non risparmia Latina, dove il clan Di Silvio questa volta intesse relazioni e lavora dietro le quinte per l'elezione di un candidato della lista Noi con Salvini. Non è un candidato qualunque, ma Matteo Adinolfi, il capolista, ora europarlamentare della Lega, ufficialmente indagato in questa nuova inchiesta coordinata dalla Dda di Roma.
Al centro dell'operazione scattata all'alba di ieri e condotta dalle squadre mobili di Latina e Roma e dai carabinieri del reparto territoriale di Aprilia e del nucleo investigativo c'è una figura già nota nell'ambito delle commistioni tra affari e politica: quella di Raffaele Del Prete, imprenditore del settore dei rifiuti, già coinvolto in passato nell'inchiesta Touchdown sugli appalti pilotati. Insieme a lui è finito ai domiciliari anche il suo collaboratore Emanuele Forzan, commissario della Lega a Sezze. Pesantissima l'accusa: concorso in scambio elettorale politico mafioso. Lo stesso reato per cui è indagato anche l'europarlamentare Adinolfi e l'esponente del clan Di Silvio e collaboratore di giustizia Agostino Riccardo. Le elezioni amministrative nel mirino degli investigatori sono quelle del 2016, a Latina. Candidato sindaco del centrodestra era Nicola Calandrini (non indagato) e Matteo Adinolfi era il capolista della formazione Noi con Salvini. Le indagini, scaturite proprio dall'operazione Touchdown e poi confermate dalla ricostruzione dei fatti di Agostino Riccardo e Riccardo Pugliese, accertano il pagamento di una grossa somma di denaro, 45mila euro in contanti consegnati in diverse tranche, ai membri del clan rom. Soldi che dovevano servire a comprare almeno 200 voti per il capolista assicurandogli una buona base di partenza per la sua elezione. E' proprio Del Prete, secondo la ricostruzione, a volere questo ingresso nel Consiglio comunale di Latina e il suo tramite per l'accordo da chiudere con i Di Silvio è Agostino Riccardo, che da parte della famiglia rom aveva ricevuto l'incarico ufficiale a curare i rapporti con la politica in provincia di Latina. Nel capoluogo dunque il clan sosteneva la candidatura di Adinolfi occupandosi anche dell'attacchinaggio dei suoi manifesti in città.
Il denaro contante doveva essere consegnato all'interno della ditta di rifiuti di Del Prete, ma l'accordo era chiarissimo: nessuno degli appartenenti del clan doveva presentarsi nella sede del partito per evitare di mettere in collegamento i rom con i voti procurati al capolista. Ogni comunicazione dunque passava esclusivamente per Riccardo senza nessun apparente collegamento con il partito. In cambio l'imprenditore pontino contava sul fatto che l'elezione del politico sarebbe stata funzionale alla sua società per ottenere il monopolio della gestione dei rifiuti e delle bonifiche del territorio a Latina. Il collaboratore di giustizia ricostruisce nel dettaglio ogni passaggio di questo affare destinato a far entrare nelle casse dell'organizzazione criminale un bel po' di denaro, nella certezza che certa politica sul clan poteva sempre contare. Bastava trovare un accordo vantaggioso.

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