Tonino Mancino: «Le nostre battaglie per la partecipazione e la giustizia»

Tonino Mancino: «Le nostre battaglie per la partecipazione e la giustizia»
di Rita Cammarone
3 Minuti di Lettura
Sabato 25 Settembre 2021, 05:02 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 11:22

Lucano, 85 anni, vedovo dal 1983, con una storia comunista tutta da raccontare. Parliamo di Giuseppe Antonio (detto Tonino) Mancino, candidato sindaco di Latina con la lista Sinistra Italiana. E' arrivato nel capoluogo pontino nel 1960, dopo aver completato gli studi presso l'istituto tecnico agrario Garibaldi di Roma. Da allora vive a Borgo Sabotino, dove tutt'ora continua ad occuparsi della sua terra.
Mancino, da chi ha ereditato il mestiere di agricoltore e la passione politica? «Innanzitutto - risponde - io non sono mai stato agricoltore, ma contadino. E la differenza c'è. La terra degli agricoltori la coltivano gli altri. Inciso a parte, ho ereditato entrambe le cose da mio padre».
Chi era suo padre?
«Michele Mancino, un bracciante agricolo comunista di Genzano di Lucania, in provincia di Potenza. Fu senatore del Partito comunista italiano per due legislature, la seconda e la terza, dal 1953 al 1958 e dal 1958 al 1963. A fine mandato tornò a lavorare la terra».
Anche lei ha un trascorso nel Pci?
«E' stato il mio partito fino alla fine, fino al 1989. Da ragazzino, nel mio paese di origine, Acerenza nel Potentino, ho frequentato la Camera del lavoro; era la Cgil. Pochi sapevano leggere e così leggevo io per tutti, ma a mente, perché a voce dovevo tradurre simultaneamente in dialetto. Al V congresso del Pci organizzammo i treni della felicità, a sostegno dei figli del Sud. Ma fu guerra contro il parroco».
Mancino, perché oggi la sinistra italiana è così divisa, anche a Latina? Ci sono tre candidati sindaci di sinistra.
«E' una questione di visioni diverse, politiche e di partecipazione. Noi abbiamo necessità, e dovremmo avere anche la modestia, di parlare alle nuove generazioni. In alcune componenti di sinistra prevalgono personalismi e si resta arroccati sull'ideologia e sui simboli. Dal mio punto di vista la politica è fatta di cambiamenti in uno stato sociale, devi aggiornare il tuo agire politico al mutamento della società».
Ma allora perché non ha risposto all'appello lanciato dal sindaco uscente Damiano Coletta per la coalizione del campo largo progressista?
«Discorso articolato e politico, nulla di personale: il Pd governa la Regione Lazio, a livello nazionale legifera in una maniera che neanche la peggiore destra ha mai fatto, rendendo la vita difficile alle amministrazioni comunali; abbiamo assistito alla riforma Delrio Riforme antipopolari e anticostituzionali. Io non sarei mai entrato in una coalizione con un Pd che ha queste responsabilità».
Chi sono i candidati consiglieri comunali della sua lista e qual è il programma?
«Docenti, operai, disoccupati, medici, candidati di diverse età. Una lista variegata. Il nostro programma è imperniato nella difesa del lavoro e della giustizia sociale. Siamo per le aziende speciali di diritto pubblico. Al centro la democrazia partecipativa, la cura della salute, l'agricoltura, la transizione ecologica».
Qual è secondo lei la prima cosa da fare per Latina? Portare avanti la battaglia per l'acqua pubblica e il rifacimento della rete idrica, perché a Latina l'acqua la si paga due volte: ad Acqualatina e all'Enel perché l'acqua non arriva ai piani alti».
Mancino, lei ci ha mostrato l'esito negativo di un tampone per la ricerca del Covid: è un no-vax? «Non ho fatto il vaccino perché ho molti dubbi, ma sono rispettoso delle regole. Faccio tamponi in continuazione, ma non sono un no-vax».
Rita Cammarone
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA