Houellebecq, nessuna crociata: “Sottomissione” racconta il crollo dell'Occidente

Houellebecq, nessuna crociata: “Sottomissione” racconta il crollo dell'Occidente
di Paolo Di Paolo
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Martedì 13 Gennaio 2015, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 08:08
«L’umanità è fatta così, tutto qua» scriveva Michel Houellebecq nel romanzo che gli ha dato fama internazionale, Le particelle elementari.



Erano, naturalmente, considerazioni brutali e antiretoriche: nello specifico, su come invecchiano gli esseri umani, su come sia impossibile, da una certa età in avanti, essere davvero amati.



Sgradevole, provocatorio, per molti misogino, Houellebecq ragionava già quindici anni fa sui destini dell’Occidente. Non è un caso che nelle Particelle elementari citasse Il mondo nuovo di Aldous Huxley – un romanzo del 1932 ambientato nel 2540 – esaltando «la straordinaria esattezza delle profezie».



Così Houellebecq si è messo da sempre nella scia dei visionari, quelli che raccontano il presente giocando con proiezioni, ipotesi, scommesse anche feroci su un futuro possibile. Se nelle pagine di La possibilità di un’isola si misurava con biotecnologie e neo-umani, in Sottomissione, di cui si parla da settimane e che da noi arriva giovedì (Bompiani, pp. 224, euro 17,50, traduzione di Vincenzo Vega), racconta la Francia di un domani molto vicino.



LA TRAMA

Della trama si sa già tutto: restano al centro della scena politica il Front National di Marine Le Pen e la Fratellanza musulmana. A imporsi è il partito islamista guidato dal “moderato” Ben Abbes. Il protagonista e io narrante del romanzo è un maschio occidentale di mezza età assediato, come sempre in Houellebecq, dalla solitudine e dalla tristezza: professore universitario di letteratura senza più convinzione, uno che si lascia andare, fuma, beve, scalda il cibo al microonde, scorre in rete profili di escort e verso la fine del libro decide di convertirsi all’Islam. Né per fede né per convenienza, o forse sì, ma solo un po’: più che altro, per assecondare l’onda. D’altra parte i tre milioni di francesi scesi in piazza a sostegno del Front e contro Ben Abbes non possono che arrendersi anche loro all’evidenza: il paese si è sottomesso, lasciando il campo a chi – invece di nichilismo a buon mercato – si nutre di convinzioni pratiche e solide.



Per la Fratellanza musulmana, spiega il narratore, chi controlla i bambini controlla il futuro: la società trionfante è quella che più si riproduce e riesce a trasmettere i propri valori. La vecchia Europa di quali valori dispone? «Amo la Francia! Amo il formaggio!» si sente esclamare, neanche troppo ironicamente, nel romanzo di Houellebecq. Sottomissione non è un libro sarcastico e tantomeno provocatorio nei confronti dell’Islam. Nei giorni dell’uscita in Francia, coincisi con la strage del Charlie Hebdo, Houellebecq si è trovato sotto scorta e al centro di molte polemiche, tutto fuorché letterarie.



NESSUNA CROCIATA

Chi ha visto in Sottomissione una grande difesa dell’Occidente illuminista, ha visto male. Anzi: come in altri libri, Houellebecq si limita a radiografarne il crollo, la sconfitta, senza smanie difensive. François, esattamente come Bruno nelle Particelle elementari, è un fallito, ipocondriaco più di quanto sia realmente malato (anche se è tormentato da una micosi), morboso, solitario amante della letteratura, in grado di tenere un filo tra Huysmans, lo scrittore decadente di fine Ottocento che studia da anni, e YouPorn. Huysmans, dice François, è stato il compagno e l’amico fedele di una giovinezza triste.



Gli eccessi descrittivi dell’autore di A ritroso, le sue dettagliatissime e soffocanti pagine, la sua scelta di convertirsi al cattolicesimo che rende infine spoglie le sue pagine, senza più la zavorra estetizzante: tutto questo interessa a François (e a Houellebecq), mentre trascina le sue cupe giornate fra goffi tentativi sentimentali e, come al solito, esercizi erotici descritti con somma cura. Così, Sottomissione è anche un libro sulla letteratura, o sulla fine della letteratura, il mezzo di comunicazione più profonda che si possa avere «con lo spirito di un morto». François assicura che, convertito all’Islam, nulla rimpiangerà della propria vita precedente, perciò nemmeno degli anni spesi a inseguire un intellettuale dell’Ottocento, la sua «lunga, troppo lunga relazione con Huysmans».



Coraggio o necessità della rinuncia? Piuttosto, un taglio netto e in fondo quasi indolore con la vita precedente: in tutti i sensi, una conversione. Questo tratto puramente letterario, questa visione dentro la visione fanno di Sottomissione un romanzo più complesso di quanto abbia mostrato la vulgata giornalistica. Non nuovo, forse: la visceralità e la sconfinata, quasi apatica, tristezza sono la consueta impronta di Houellebecq. Che però, ripetendosi, sposta in avanti – impercettibilmente – il discorso: quel tanto che basta a vedere, al di là di tutto e a occhi spalancati, che nessuna società dura e può durare in eterno com’è. Nemmeno la vecchia Europa illuminista che ci affanniamo, feriti, a difendere.
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