Lo storico dell'arte Claudio Strinati: «I Fori pedonalizzati una persecuzione»

Claudio Strinati
di Mario Ajello
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Sabato 6 Agosto 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 11 Agosto, 19:19
Professor Strinati, le piace l’ultima idea della giunta capitolina: pedonalizzazione integrale di via dei Fori imperiali dal 2017?
«Non mi piace affatto», risponde lo storico dell’arte già a capo del Polo museale romano. «Questa è una via che dal punto di vista pedonale è un disastro. D’estate è impercorribile perché è priva di posti dove ripararsi dal sole. D’inverno, non c’è un tetto dove proteggersi dalla pioggia. E’ una tortura camminare su questa strada e già quella che è stata fatta fin qui è una pedonalizzazione di tipo persecutorio. Utile solamente a rompere le scatole a chi abita in quella zona». 

Addirittura? 
«Ma certo. Pedonalizzazione, nella mia mente, significa rendere la vita dei cittadini più sana, più comoda e più felice. Invece la via dei Fori l’hanno resa infrequentabile. Chiuderla del tutto non serve assolutamente a nulla per la fruizione e per la conservazione dei beni culturali. E l’impedire il passaggio dei mezzi pubblici in una zona che collega due parti della città è un populismo del peggiore genere. Andrebbe invece potenziato il passaggio dei mezzi pubblici elettrici e delle auto private non inquinanti». 

Va ripensato tutto? 
«Bisogna smetterla con il politicamente corretto. Io devo morire di caldo in attesa del bus che lì non c’è più e soffrire di mal di piedi, perché ci impongono di camminare, in nome di un’ipocrisia ideologica? Clint Eastwood ha detto delle cose che non condivido l’altro giorno, ma una l’ha azzeccata: se si continua con il politicamente corretto, si va al disastro. E mi chiedo: perché si deve fare il presunto bene della cultura, cioè credere di valorizzare l’area archeologica dei Fori, facendo del male alle persone con il traffico impazzito in tutta la zona circostante e il collasso della mobilità urbana?». 

Si torna allo schema del sindaco Marino? 
«Io fui cooptato da Marino in una commissione nata per studiare proprio gli interventi in quell’area. Presentammo una relazione al sindaco e al ministro dei beni culturali in cui si proponeva un Consorzio Fori. E in cui si insisteva sul fatto che vanno superate le divisioni di competenze tra Comune e Stato su tutta quella zona. Il Consorzio doveva servire a programmare la conservazione e la gestione generale. Non a occuparsi soltanto, in maniera isolata e inutile, di via dei Fori imperiali. Bisognerebbe chiedersi perché della proposta del Consorzio non si sia fatto più niente». 
 
Il tutti a piedi, però, favorisce i turisti. 
«Neanche questo. L’area archeologica è già chiusa da sempre e se la godono benissimo i turisti. La pedonalizzazione di via dei Fori serve solo a stabilire l’esercizio di un potere incontestabile perché è il potere del politically correct sui cittadini». 

Lo storico Luciano Canfora sostiene che via dei Fori è vittima di una «forzatura estetizzante». E’ così? 
«Io sono sempre d’accordo con Canfora, che è persona sapientissima e di cristallina onestà. E anche in questo caso condivido la sua definizione. Darei un consiglio alla sindaca Raggi: faccia uno squillo di telefono a Canfora, prima di muoversi. E chiami anche Clint Eastwood dicendo: maestro, ma lei come la vede questa nostra idea? Dopo di che naturalmente, se fossi in lei, seguirei più i consigli di Canfora che quelli di Eastwood». 

Quali sono le priorità di Roma? 
«Ne ha centomila e tra queste, le assicuro, non c’è la pedonalizzazione». 

Qual è l’immagine dei Fori che più la colpisce? 
«E’ quella che ha messo mia moglie, Annarosa Mattei, sul suo blog intitolato Le considerazioni del gatto Gregorio». 

Gregorio come “Romeo er mejo del Colosseo” del film degli Aristogatti? 
«Un po’, sì. E comunque in quella foto degli anni ‘30 si vede via dei Fori appena costruita. Era una meraviglia. Piena di alberi, di giardini in cui giocavano i bimbi. Un posto accogliente, con un’atmosfera molto civile. Era l’opposto di ciò che è adesso». 

E’ sempre stata una via bistrattata perché opera di Mussolini?
«Questo naturalmente ha pesato molto. Io credo invece che il Duce abbia fatto bene a farla, anche se il suo progetto è rimasto incompleto. Mi viene in mente quando, nel 1938, Mussolini, Hitler e lo stato maggiore nazista furono accompagnati in visita ai Fori da Ranuccio Bianchi Bandinelli in orbace. Mussolini sapeva che quel grandissimo archeologo, che parlava perfettamente tedesco, era di sinistra. Ma la cosa non gli faceva né caldo né freddo. Bianchi Bandinelli spiegava le bellezze circostanti e il Duce e il Fuhrer lo ascoltavano distrattamente. Infatti nel suo diario questo immenso studioso scriverà: ho avuto l’ennesima riprova che le persone di potere della cultura se ne infischiano e non ci capiscono niente». 

Lo crede anche lei? 
«Nient’affatto. Penso che i nostri politici, in molti casi, di cultura capiscano eccome. Però, a Roma e ovunque, devono ossequiare al primo dovere della cultura: studiare e riflettere prima di prendere decisioni». 
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