Fino ai casi choc degli ultimi giorni, che attraversano lo Stivale. Agghiaccianti quanto radicati nel sottobosco quotidiano. A Vigevano una baby gang di italiani tra i 15 e i 16 anni ha violentato e umiliato un coetaneo, postando le foto sui social network. Sono accusati di riduzione in schiavitù. A Roma, l’ultimo fatto di cronaca ha visto un gruppo di ragazzini prendere di mira, rapinando e malmenando, una serie di negozianti cinesi e bengalesi. Ma in gruppo, in branco, molte altre violenze si sono consumate, e non per forza son finite sui giornali, come quella della Balduina. Vittima Enrico Aurili, scelto a caso, era sceso a portare il cane a spasso di notte, un gruppo di giovanissimi, un paio con famiglie anche importanti, aspettavano annoiati che passasse qualcuno («che voi fa?»; «menà qualcuno» si sente nelle intercettazioni), muniti di spranghe e passamontagna. L’hanno rincorso, gli hanno sfondato la scatola cranica. Era l’ottobre 2014. Ancora. Tre giorni fa a Mugnano, alle porte di Napoli: un 13enne è stato picchiato da tre bulli, il papà dopo aver denunciato l’accaduto ai carabinieri, ha pubblicato la foto del volto tumefatto del figlio su Facebook lanciando un appello a quanti sono vittime di violenza: «Denunciate, perché gli autori di tali soprusi non devono passarla liscia».
IL SOMMERSO FA PAURA
Soprusi che Telefono Azzurro gestisce ogni giorno: le segnalazioni di episodi di bullismo e cyberbullismo riguardano il 10% delle richieste di aiuto e provengono per la maggior parte dal Nord (il 46%); il 35% degli studenti dichiara di essere stato oggetto di bullismo psicologico a scuola. «Un fenomeno quotidiano che gli adulti non percepiscono, c’è un sommerso vastissimo ma bambini e genitori ne parlano a fatica», l’allarme del presidente Ernesto Caffo.
Giovanna Pini, presidente del Centro nazionale contro il bullismo, docente di Roma Tre, va in giro per le scuole a far dibattiti, perché «è lì che si consuma la ripetitività dell’evento». In questi incontri succede che le vittime scoppiano a piangere, a volte qualche bullo, di fronte magari alla testimonianza della madre di un ragazzo che alla fine si è tolto la vita, capisce quanto male sta facendo. «Sono atti di violenza vera e propria, anche le femmine sono passate dal bullismo psicologico a quello fisico. Ma il problema più grande è che ora le loro malefatte le mettono pure su internet. E così lo sanno 20mila persone in pochi minuti. Bisogna muoversi, serve una legge, serve il supporto dello Stato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA