LA SCINTILLA
A far scoccare la scintilla fu la morte, il 15 aprile, di Hu Yaobang, leader riformista marginalizzato dal Partito. Seguirono settimane di protesta culminate nell’occupazione della piazza simbolo del potere, nello sciopero della fame degli studenti e perfino in un burrascoso confronto (andato in onda in tv) tra Li Peng e il numero due del movimento, Wu’er Kaixi, accorso in pigiama dal suo letto d’ospedale nella Grande sala del popolo per interrompere il discorso del premier, al quale diede dell’ipocrita. A cadere sotto le pallottole dell’esercito chiamato a reprimere quella rivolta furono soprattutto cittadini comuni (le stime ufficiose dei morti variano tra 250 e oltre duemila) venuti a solidarizzare coi ragazzi, mentre tanti leader del movimento riuscirono a fuggire dal Paese grazie ad appoggi all’estero. Ventenni che furono in un primo momento coccolati dall’Occidente, per poi diventare ingombranti mentre la Cina usciva dall’isolamento internazionale, e finire nel dimenticatoio quando il Paese diventò una potenza economica.
LA LEZIONE
Alla domanda dei cronisti stranieri se, in qualche modo, il Partito ricorderà questo anniversario, un portavoce del ministero della difesa ieri ha replicato che «la risposta arriva dai successi che abbiamo raggiunto negli ultimi 30 anni». Non è facile dargli torto. Per i giovani cinesi, che trent’anni fa eressero una statua di libertà di cartapesta in mezzo alla Piazza, l’Occidente non è più un modello. Ne è una testimonianza l’attivismo di milioni di ragazzi pronti a difendere la patria (online ma, all’occorrenza anche con manifestazioni e boicottaggi) in ogni controversia, dalla campagna pubblicitaria di Dolce & Gabbana a Shanghai ritenuta offensiva, fino ai divieti imposti da Trump al colosso nazionale hi-tech Huawei. Certo c’è chi è pagato per inondare internet di contenuti pro-Cina, ma in tanti lo fanno spontaneamente, orgogliosi dello status raggiunto dal Paese.
TECNOLOGIA
All’indomani del massacro di Tiananmen, Deng ammise che «durante gli ultimi dieci anni, l’errore più grosso lo abbiamo compiuto nel campo dell’educazione, anzitutto quella ideologica e politica». Memore di questa lezione, per conquistare le menti dei giovani Xi ha investito nella propaganda e nei nuovi media, mettendo in campo uno sforzo senza precedenti post-Mao. E se non dovesse bastare né la ritrovata centralità internazionale del Paese, né la propaganda, sono pronti sistemi ipertecnologici – dal riconoscimento facciale, a quello della camminata - basati sui big data raccolti da centinaia di milioni di telecamere a circuito chiuso e sull’intelligenza artificiale, e che vengono sperimentati da aziende nel mirino di Trump. Ma non stupiamoci se – dopo Huawei – i giovani cinesi saranno pronti a difendere anche i loro ipertecnologici controllori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA