Nato, i dubbi di Italia e Usa: «Un rischio se entra l'Ucraina». Scontro con Putin a livelli insostenibili

Immaginare ora un'adesione dell'Ucraina alla Nato sarebbe un errore

Nato, i dubbi di Italia e Usa: «Un rischio se entra l'Ucraina». Scontro con Putin a livelli insostenibili
di Francesco Bechis
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Lunedì 4 Marzo 2024, 07:33 - Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 08:08

Escalation. Se c'è una parola che ricorre ultimamente nel vocabolario di Giorgia Meloni è questa. La ripete come un mantra. Bisogna scongiurare "un'escalation" in Medio Oriente, cioè uno scontro diretto fra Israele e l'Iran. E ancora, si deve far di tutto per «evitare un'ulteriore escalation» in Est Europa, nella guerra russa in Ucraina. La premier italiana all'estero forte della presidenza del G7 indossa la divisa da pompiere e mobilita l'Italia per frenare scatti in avanti che allargherebbero i due conflitti al centro dell'agenda internazionale. Ne ha parlato con Joe Biden, fra gli scoppiettii del caminetto dello Studio Ovale. A cui ha confidato una convinzione, pienamente ricambiata dal presidente americano. Immaginare ora un'adesione dell'Ucraina alla Nato sarebbe un errore. Mentre l'offensiva russa mette a dura prova le difese di Kiev al confine Est, è importante «evitare accelerazioni» sulla membership ucraina nell'Alleanza atlantica. Specie con l'ombra di Donald Trump che incombe sulle prossime presidenziali americane.

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Ieri dall'Italia è arrivato un nuovo applauso al tycoon. Matteo Salvini si è congratulato con Trump per la vittoria alle primarie repubblicane in Idaho: «Da Bruxelles a Washington: cambiamento in arrivo!». Fredda la Casa Bianca interpellata dall'Ansa: «No comment». Non è la prima volta: il "Capitano" aveva fatto lo stesso dopo l'all-in di Trump in South Carolina. Ma a questo giro il tempismo, mentre Meloni, che sulle elezioni presidenziali si mantiene prudentissima, fa ritorno dalla missione americana con Biden, rende più spinoso il gioco del leghista.
Sull'Ucraina, si diceva, Italia e Usa condividono la cautela. Nella convinzione che garantire a Volodymyr Zelensky l'ingresso nella Nato benché solo in futuro rischierebbe di «degradare la serietà dell'articolo 5» dell'Alleanza. L'ombrello legale del Trattato che prevede la mobilitazione militare di tutti gli alleati, se uno solo di loro viene aggredito. Il rischio, se l'Ucraina dovesse entrare, è di trovarsi di fronte a un bivio. Scatenare una guerra alla prima aggressione di truppe russe contro Kiev. O rendere flessibile l'articolo 5, aprendo però un precedente che può indebolire la deterrenza comune. Due ragioni poi, una politica e una strategica, si celano dietro la comune prudenza dell'asse Roma-Washington. La prima: sia Biden che Meloni non possono permettersi uno scatto in avanti di questo genere. Da un lato il Congresso americano diviso, con 60 miliardi di dollari in aiuti a Kiev bloccati dai veti repubblicani. Dall'altro un centrodestra italiano finora compatto nei voti in Parlamento, ma attraversato da dubbi e malumori sulla linea dura pro-Kiev, specie nella Lega.

LO SCONTRO CON PUTIN

La seconda ragione è però più importante.
L'adesione anche solo promessa dell'Ucraina alla Nato alzerebbe a dismisura il livello dello scontro con Vladimir Putin. Che già oggi minaccia a giorni alterni la guerra nucleare. Mentre in Europa Macron si spinge a immaginare «truppe della Nato» in Ucraina, nel gelo degli alleati. Ecco: serve un passo di lato. Sarà allora questa la linea che Biden e Meloni terranno sia al vertice G7 in Puglia, a giugno, sia al settantesimo summit della Nato a Washington il mese successivo. Sì all'ingresso dell'Ucraina nell'Ue. Sì a forme di finanziamento autonomo della resistenza. Come il meccanismo previsto dagli accordi bilaterali del G7, della durata di dieci anni, l'ultimo firmato dall'Italia. In prospettiva, la possibilità di usare gli asset russi congelati per sostenere la ricostruzione ucraina a guerra terminata. Nodo intricatissimo, questo. A Toronto la premier italiana ha indicato due vie possibili. La prima è stata abbozzata all'ultimo Consiglio europeo: destinare al governo ucraino gli interessi generati dai beni russi. Circa 200 miliardi di euro sono bloccati in Ue. La maggior parte dei quali nei forzieri di Euroclear, la società belga di servizi finanziari nata da una costola di JpMorgan, che a febbraio ha rivelato quanti interessi hanno generato in un anno i beni russi congelati nei suoi depositi: 5,2 miliardi di euro. Dunque la via alternativa, che convince gli americani: usare gli asset come garanzia dei titoli di Stato emessi dall'Ucraina. Anche questa di non facile realizzazione sul piano legale. L'Italia lavorerà per arrivare a un compromesso entro il G7 di Borgo Egnazia.

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