Da un anno Joe Biden e Xi Jinping non si incontravano a tu per tu. L'incontro di mercoledì segna quindi un passo avanti nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, al netto delle forti divergenze su alcune questioni, a cominciare da Taiwan. Il vertice di quattro ore, non lontano da San Francisco, è stato «costruttivo e produttivo» per Biden, secondo cui in caso di crisi i due leader potrebbero prendere il telefono e parlarsi «direttamente e immediatamente». La Terra è «abbastanza grande per la convivenza e per il successo di Cina e Stati Uniti» ha dichiarato invece Xi Jinping.
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Taiwan
Dall'incontro ci si aspetta una ripresa delle comunicazioni militari ad alto livello, sospese per più di un anno. Al di là delle immagini consegnate ai fotografi (come quella della passeggiata nel giardino insieme), rimangono però le divergenze: Taiwan in primis. Biden ha ribadito che gli Stati Uniti si aspettano che Pechino non interferisca con le prossime elezioni di Taiwan (dove peraltro i due partiti di opposizione filo-cinesi hanno deciso di correre uniti, aumentando le chance di vittoria). Ancora, il leader americano ha sottolineato l'importanza della pace e della stabilità nello stretto dell'isola. Parole a cui ha risposto indirettamente il ministro degli Esteri cinese, ammonendo che gli Usa dovrebbero «intraprendere azioni concrete per onorare il proprio impegno a non sostenere l'indipendenza di Taiwan, smettere di armarla e sostenere la riunificazione pacifica della Cina», un obiettivo da lui definito «inarrestabile». Xi Jinping tempo addietro ha dichiarato che nel 2049 (centenario della fondazione della Repubblica Popolare) l'isola sarà cinese.
Gli altri temi
Più sfumato il fronte del Medio Oriente: nella conferenza stampa è rimasta in ombra la risposta di Xi alla richiesta di Biden di contribuire alla de-escalation sia nel conflitto Israele-Hamas a Gaza (evitando allargamenti del conflitto) che in Ucraina.
Sull'economia, se la Cina - ha assicurato Xi Jinping - non cercherà guerre con nessuno, Washington e Pechino rimangono impegnate in una feroce competizione su vari fronti: economico, tecnologico, strategico e militare. Il leader cinese ha nformato Biden che, secondo i media statali, le sanzioni economiche americane danneggiano gli «interessi legittimi» della Cina. Per questo ha chiesto di rimuovere i controlli Usa alle «esportazioni, di verifica degli investimenti e le sanzioni unilaterali che danneggiano gravemente gli interessi legittimi della Cina». Biden invece ha lamentato la mancanza di parità di condizioni nella competizione economica, avvisando che il trattamento della proprietà intellettuale scoraggia gli investimenti. Confermato anche l'impegno a cooperare sul clima, benchè Biden abbia chiesto a Pechino di fare di più. Intesa inoltre per discutere sull'intelligenza artificiale.
Si è giunti a un accordo invece per un giro di vite cinese contro la produzione e l'esportazione dei precursori chimici del Fentanyl, l'oppioide sintetico a basso costo che miete decine di migliaia di vittime ogni anno in Usa. In conferenza stampa però Biden ha chiamato ancora il presidente cinese «un dittatore», espressione che aveva suscitato in passato l'ira di Pechino. Questa volta però ha aggiunto una sfumatura ulteriore: «È un dittatore nel senso che governa un Paese comunista, basato su una forma di governo totalmente diversa dalla nostra».
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