Le ong parlano di «criminalizzazione». Salvini taglia corto e sentenzia: «Meno sbarchi, meno morti». Si chiude la parabola dell'Aquarius, la nave impegnata nel salvataggio di migranti che a metà giugno, dopo un braccio di ferro con l'Italia, sbarcò a Valencia, in Spagna; e a settembre fu prima al centro di un'altra odissea, con un rimpallo tra Malta e Marsiglia, e poi di una querelle sfociata con la revoca della bandiera panamense.
«È una scelta dolorosa ma purtroppo obbligata, che lascerà nel Mediterraneo più morti evitabili, senza alcun testimone. In un crescente clima di criminalizzazione dei migranti e di chi li aiuta, si perde di vista il principio stesso di umanità». Da febbraio 2016 la nave ha dato soccorso a circa 30mila persone nelle acque internazionali tra Libia, Malta e Italia, rivendicano le due organizzazioni, che stimano siano stati 2.133 morti nel Mediterraneo nel corso del 2018. La visione del ministro dell'Interno è un'altra. L'ha ribadita tante volte e oggi l'ha affidata a un tweet: «Meno partenze, meno sbarchi, meno morti. Bene così». La convinzione è che l'attività delle ong finisca per aiutare i trafficanti di uomini. Ma le associazioni umanitarie replicano che i dati dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni dicono il contrario, ossia che il mese con più morti del 2018 «è stato quello in cui nessuna nave delle ong era in mare».
E promettono che cercheranno «nuovi modi per fornire assistenza umanitaria». «Stanno criminalizzando la solidarietà», afferma Giuditta Pini del Pd, sottolineando che senza ong i morti in mare sono aumentati. «Il mare diventa ancora più pericoloso - aggiunge Giuseppe Civati, fondatore di Possibile - e Salvini gongola sulle pelle dei disperati».
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