Valentino, Pierpaolo Piccioli: «Così a Venezia ho fatto della moda un ponte verso l'arte»

Valentino, Pierpaolo Piccioli: «Così a Venezia ho fatto della moda un ponte verso l'arte»
di Anna Franco
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Venerdì 16 Luglio 2021, 12:01

«La moda non è arte. La prima si realizza sempre grazie a un corpo, mentre la seconda è fine a se stessa. Con l’haute couture ho voluto far dialogare questi due mondi, che sono entrambi modi espressivi che raccontano il nostro essere e il nostro contemporaneo». Così, Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, racconta l'idea da cui è nata la collezione haute couture Des Ateliers presentata, al tramonto, a Venezia, presso le Gaggiandre, tettoie sull'acqua risalenti al Cinquecento presso l'Arsenale. Ne nasce una collezione di 82 look emozionanti che trovano la loro scintilla creativa nel dialogo tra due tipi di atelier, quello della moda e quello della pittura.

Per questa conversazione che travalica ogni confine di spazio, cultura, anagrafe e sesso Pierpaolo Piccioli ha creato «una factory di diciassette giovani artisti, perché credo sia importante celebrare anche la cultura dell'oggi, come fa la Biennale. Proprio per questo Venezia era il luogo magico e perfetto dove allestire questo show e dove fin da subito l'ho immaginato». Sulla passerella sull'acqua si alternano look maschili e femminili, interscambiabili, «perché è importante che noi creativi diamo un'immagine del mondo che sarà e non solo raccontiamo ciò che è già accaduto, come spesso fa la moda. Penso che proporre abiti che possano transitare nell'armadio di lei e di lui indifferentemente, come un completo rosa e lilla composto da camicia in seta, panatloni e cappa in cachemire o uno azzurri con una pantagonna e una canotta di paillette, serva alla parità di genere molto più di tanti discorsi».

I vestiti si susseguono, accompagnati dalla vibrante voce live della cantante Cosima, come le mani si intrecciano su un abito da sera che è un intarsio di più stoffe rosso Valentino, e sul completo maschile, che, invece, è un patchwork di grisaglie di archivio. Si ispirano alle opere di uno degli artisti col quale la Valentino è entrata in connessione per questo evento, Alessandro Teoldi, la cui arte è ispirata all'incontrarsi potetnte tra i corpi. Il passato di Valentino, oltre che nei tessuti, torna anche in altri stilemi della casa, come i copricapii in piume di struzzo o gli abiti da sera ampi. Ma tutti assumono nuovo aspetto. Sono in colori acidi, presentano drappeggi in nuovi materiali e lo chiffon perde la sua linearità per gonfiarsi di crinolina. Arriva anche una tuta worker in passerella. Prende spunto dalle opere, lente e dai sapori della memoria del Ruanda, dell'artista Francis Offman, origine africana e seconda patria a Bologna.

 

«Dialogando con lui ho scoperto il suo desiderio di creare qualcosa di rilevante socialmente e non glamour – racconta Piccioli a margine della passerella – e per questo ho trasposto i suoi colori saturi e potenti su abbigliamento da lavoro, mentre ho voluto addolcire in qualche modo e rallentare le pennellate nere e violente su fondo bianco di Benni Bosetto». I suoi murales assumono le forme di un cappotto avvolgente, di pantaloni aderenti, di una gonna a vita alta a righe black and white e di una maglia dal collo alto e protettivo. Il tailleur ha l'aseptto ruvido della creazione e distruzione che caratterizza il lavoro di Sofia Silva, con ricami delicati che diventano tratto deciso.

Ogni dettaglio è trasposto, immaginato, trasformato dal vissuto e dalle emozioni di Picciioli e l'arte, così, si fa moda, diventando tridimensionale, e viceversa, generando bellezza, curiosità ed emozione: «Non ho voluto trasporre semplicemnete i dipinti sugli abiti, non mi interessava fare un lavoro didacsalico. Volevo creare il dialogo costante, tra me, la sartotia, gli artisit e il pubblico: una community che condivide qualcosa di profondo, come i valori».

Le paillette tagliate a tubo sorreggono piume su una base fucsia che scompare per il miniabito che si ispira alle opere di Joel S. Allen, che utilizza materiali sintetici. Vestiti corti e lunghi, dai colori pieni e vibranti si usseguono, così come quelli con richiami all'arte e quelli frutto della maestria della sartoria di piazza Mignanelli, tra piume e silhouette a palloncino o a matita, tra pieghe che scendono morbide e capi che giocano con una costruzione architettonica. Chiude la passerella un completo che è una cappa drammatica sovrapposrta a un abito che evidenzia il fisico. Entrambi sono sottolineati con virulenza dalla stampa ricomposta delle pennellate cremisi di James “Jamie” Nares. Sotto questo mantello, così come nell'unica borsa busta presente in passerella «si può mettere ciò che si vuole, i propri sogni e le proprie esperienze, senza regole», conclude Piccioli.

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