Iva Zanicchi: «La mia voce da record valeva sempre la metà rispetto agli uomini»

Iva Zanicchi: «La mia voce da record valeva sempre la metà rispetto agli uomini»
di Franca Giansoldati
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Sabato 15 Agosto 2020, 09:06 - Ultimo aggiornamento: 09:09

Fiume Amaro uscì come singolo nel 1970. Fu un successo talmente eccezionale che Iva Zanicchi, l'Aquila di Ligonchio dal nome del paesino emiliano aggrappato all'appennino - sbriciolò in poco tempo un record allora impensabile per una cantante. Non solo le donne erano pagate meno dei colleghi, ma vendevano anche meno dischi. «Se riguardo indietro vedo i passi in avanti che sono stati fatti. Ma le donne ne devono farne ancora altri, imparando a sostenersi vicendevolmente, a credere in se stesse, nelle loro qualità. Il mondo ne guadagnerebbe di sicuro». Iva in questi giorni è tornata a casa, e gira l'Appennino a presentare il suo libro Nata di buona luna, scritto per raccontare la sua incredibile storia. Ha 80 anni compiuti da poco e l'energia di una quarantenne. «Il fatto che le donne debbano partorire e abbiano il ciclo non significa che debbano essere penalizzate. La donna deve imporsi, fare rete e potrà fare qualsiasi cosa, in qualsiasi campo, dalla medicina, alla politica...».
E nel mondo dello spettacolo?
«Se mi guardo indietro è difficile non vedere che una cantante veniva considerata meno dell'uomo, vendeva anche meno dischi. Oggi le cose stanno cambiando. Personalmente sono orgogliosa di un record che ho raggiunto».


Quale?
«Fiume Amaro superò il milione. Erano pochissime le donne che raggiungevano quelle tirature. Ricordo che gli stessi risultati li fecero Rita Pavone, Celentano, Little Tony, Bobby Solo. Un milione era tantissimo; difficilissimo da raggiungere all'epoca. A questo si aggiungevano compensi inferiori sia per gli spettacoli e che per i concerti».
Anche lei veniva pagata meno?
«Eh già. E si trattava di lavorare il doppio dei colleghi, fare più fatica. La storia purtroppo si ripete ancora oggi. Mi viene in mente quando la Clerici, nel 2010, arrivò a condurre Sanremo. Quante polemiche. Sanremo è sempre stato un terreno di appannaggio tradizionalmente maschile».
Secondo lei perché?
«Mentalità sbagliata dei dirigenti e dei vertici Rai. Una questione di cultura e poi anche che il fatto che il potere maschile non cede il passo facilmente. A questo si aggiunge l'idea sbagliata che una donna non abbia le stesse capacità dei maschi a sostenere una manifestazione cosi importante dove ruotano tanti interessi».
Lei ha mai dovuto sottostare a ricatti di natura sessuale per poter andare avanti?
«Il mio biglietto da visita è sempre stata la voce. Ricordo una volta che facevo un concorso a Castrocaro. Arrivavo dalla montagna, dal mio piccolo paese, avevo un fisico imponente e non passavo inosservata. Un manager molto importante dell'epoca mi convocò nel suo ufficio dicendo che voleva parlarmi. Vuoi vincere Iva? Perché se vuoi davvero arrivare prima dovresti essere più spontanea, più carina, così come sei sei troppo campagnola, mi disse. Poi allungò le mani. Io girai i tacchi di corsa e me ne andai indignata».


Ha reagito con vigore, come nello spirito del #Metoo...
«Penso che non si debba mai sottostare ai ricatti. Specie se si hanno delle qualità. Certo, mi è costato più fatica andare avanti, ma sapevo di avere delle doti, ci credevo e ho avuto ragione. E lo dico a tutte le ragazze che hanno doti, credete in voi stesse. Non fatevi intimidire».
Il #Metoo però ha fatto affiorare uno spaccato terribile nel mondo dello spettacolo...
«La violenza è una parola che andrebbe abolita dal vocabolario perché è orribile. Penso al caso Weinstein: donne che venivano addirittura violentate. Mi domando però che cosa ci andavano a fare nella sua stanza se conoscevano i rischi e perché non se ne andavano via quando venivano accolte con la vestaglia e sotto nulla».
Forse a volte non è facile sottrarsi...
«Intendiamoci, il #Metoo ha una sua valenza positiva ma è stato anche strumentalizzato. Naturalmente so di dire una cosa controcorrente. Il fatto è che la violenza si misura anche dalla parte delle donne verso gli uomini, sebbene in misura ovviamente molto minore. So di casi che sono capitati. Naturalmente l'uomo è più schivo e non lo dice ma so di una donna molto potente che ha fatto un po' come Weinstein. Ovviamente non dirò il suo nome. Al centro di tutte queste brutte storie c'è il tema dell'abuso di potere esercitato nei confronti di chi è debole, subordinato o ha bisogno. C'è poi un'altra domanda, sempre a proposito del #Metoo, che mi interroga. Dopo 20 anni ci sono persone che denunciano, e fanno bene, ma perché lo fanno solo dopo così tanto tempo?».
Passiamo al tema dei diritti paritari, quanta strada secondo lei c'è ancora da fare?
«La parità assoluta è una aspirazione sacrosanta. In Italia siamo indietro, anzi per dirla tutta siamo fanalini di coda della Europa. Mi riferisco a tante statistiche sul gender gap che periodicamente vengono pubblicate e misurano, secondo determinati criteri, l'inclusività del mondo femminile. Le donne a parità di funzioni, soprattutto nel settore privato, guadagnano meno di un uomo. Una cosa obbrobriosa. E poi quanti preconcetti...»
In che senso?
«Non mi scorderò mai quella volta che presi un aereo da Roma. Era un Jumbo e ai comandi c'era una donna. All'epoca era un fatto straordinario. Con il personale di bordo commentai: finalmente una comandante. Signora - mi dissero lo sa che ci sono stati passeggeri che sono scesi da questo aereo quando hanno saputo che il primo pilota era una donna? Una cosa assurda. A me fa male vedere che in alcuni settori le donne, pur avendo maturato enormi competenze, faticano ad affermarsi. Per esempio nella chirurgia. Nelle sale operatorie dove è raro vedere capi equipe donne. Si parla tanto di parità ma poi si avanza a fatica e non è giusto».
Anche in politica le donne faticano tanto...
«Tanto per cominciare le elettrici non votano quasi mai per le candidate donne. È come se le donne non credessero nelle donne. Bisogna cambiare cultura. E poi penso che i tempi siano abbondantemente maturi per avere una Presidente della Repubblica. Vorrei tanto vedere una donna Quirinale».

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