Lady Soumahoro, soldi delle coop spesi per gli abiti degli sposi. «Sperperati oltre 1,9 milioni di euro»

Secondo l'accusa la somma complessiva distratta attraverso il flusso di denaro pubblico per l'accoglienza dei migranti è di oltre 1,9 milioni di euro

Lady Soumahoro, soldi delle coop spesi per gli abiti degli sposi. «Sperperati oltre 1,9 milioni di euro»
di Marco Cusumano
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Giovedì 29 Febbraio 2024, 08:01 - Ultimo aggiornamento: 11:59

Un fiume di denaro che invece di essere utilizzato per l'accoglienza dei migranti veniva sperperato per interessi privati che nulla avevano a che vedere con gli stranieri arrivati in Italia. Si svolgerà domani la prima udienza preliminare del processo a carico di Liliane Murekatete, Marie Terese Mukamitsindo e Michel Rukundo, rispettivamente moglie, suocera e cognato del deputato Aboubakar Soumahoro e di Aline Mutesi e Richard Mutangana, figli di Mukamitsindo, tutti indagati nell'inchiesta della Procura di Latina sulla gestione dei fondi pubblici erogati alla coop Karibu e al consorzio Aid.

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Dopo la chiusura delle indagini, Mukamitsindo è stata ascoltata dai pm Miliano e D'Angeli che hanno indagato sulla galassia di "Karibu".

La suocera del deputato Soumahoro ha tentato di giustificare la lunga lista di spese, dicendo che erano comunque legate alle attività della coop. «Ci sono stati anche dei matrimoni dei ragazzi usciti dai centri, in cui ho fatto anche da testimone di nozze - ha detto Mukamitsindo ai magistrati - In questi casi gli ho comprato gli abiti per le nozze e perciò sono andata un paio di volte da Elena Mirò, un negozio di Latina». L'ex responsabile di "Karibu" è convinta di aver agito correttamente: «Per me queste sono spese che si potevano fare e per quali non ho mai ritenuto di dover chiedere l'autorizzazione e soprattutto non avrei saputo a chi chiederla».

In merito alle altre spese contestate, la donna ha detto di non saperne nulla. «Le spese per centri estetici, per gli occhiali e quelle eseguite in alcuni negozi di Roma non sono a me riconducibili. Le spese che ho fatto personalmente - ha aggiunto Mukamitsindo - sono quelle dei ristoranti e dell'albergo Europa di Latina, perché avevamo due progettisti che arrivavano da Bruxelles per aiutarci ascrivere i progetti. Poi c'era un professore venuto da Padova, in questo caso ho pagato albergo e ristorante».

Nelle carte dell'indagine l'elenco delle spese sospette è davvero impressionante, centinaia di pagine sono esclusivamente dedicate all'elenco dei movimenti, bonifici, prelievi soprattutto con carte prepagate. C'è anche una voce di spesa, indicata dal commissario liquidatore, che desta particolare stupore. «Dall'esame dei documenti - scrive il commissario - è emerso che nel settembre 2017 veniva pagata con i soldi della cooperativa una cucina a marchio Scavolini, modello Gran Relais, del valore di 11.500 euro, che risulta essere consegnata a Latina, all'indirizzo che all'epoca corrispondeva al domicilio di Marie Terese Mukamitsindo». Successivamente è stato individuato un bonifico dal conto di Karibu a favore di un negozio di arredamenti di Priverno, esattamente con l'importo di 11.500 euro. Secondo l'accusa la somma complessiva distratta attraverso il flusso di denaro pubblico per l'accoglienza dei migranti è di oltre 1,9 milioni di euro.

LE DENUNCE

L'inchiesta su Karibu è nata grazie a una serie di segnalazioni partite dal sindacato Uiltucs di Latina che si costituirà come parte civile nel processo. «Un lavoratore si presentò al sindacato - racconta Gianfranco Cartisano - raccontando una vicenda davvero assurda e paradossale. Lavorava come mediatore su un progetto contro il caporalato, ma di fatto lui stesso era vittima di sfruttamento, perché non percepiva lo stipendio. Dopo di lui, altri 4 o 5 lavoratori si sono fatti avanti per la stessa problematica e poi altri ancora. Una serie di testimonianze che abbiamo raccolto nel corso delle settimane, per poi segnalare questa situazione di sfruttamento». Inizialmente si imboccò la via della mediazione con il coinvolgimento dell'Ispettorato del Lavoro, ma poi la vicenda delle coop esplose con l'inchiesta della Procura, i successivi sequestri e poi gli arresti. Il problema dei lavoratori però non è mai stato risolto: «Ci sono 26 persone che ancora devono prendere le mensilità arretrate, c'è chi non è stato pagato per 20 mesi» spiega Cartisano. «Noi chiediamo giustizia, il mancato pagamento degli stipendi arriva a 400 mila euro. Nonostante il lusso di cui si circondavano i vertici della coop, per i lavoratori i soldi non c'erano mai. E' una vicenda che lascia l'amaro in bocca».

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