LE INDAGINI

Strage del treno a Brandizzo: dalla sala di controllo la telefonata per ritardare l'avvio del cantiere. Corteo silenzioso di sindacati e parenti delle vittime: «Sono omicidi, non incidenti»

Intanto il tecnico indagato deve cancellare i suoi profili social per gli attacchi degli hater

Strage del treno a Brandizzo: dalla sala di controllo la telefonata per ordinare di ritardare l'avvio del cantiere

Il corteo silenzioso dei parenti delle vittime

Alla stazione di Vercelli parte il corteo silenzioso organizzato da Cgil, Cisl e Uil dopo la morte dei cinque operai travolti da un treno mentre stavano eseguendo lavori di manutenzione sui binari a Brandizzo. Ci sono anche i parenti delle vittime con le fotografie in mano degli operai. «Non abbiamo più parole», dice uno striscione. Altri hanno le scritte: «Mai più treni in transito e lavori in corso, non sono incidenti sono omicidi».

 

Landini: "Basta caricare tutto sulla pelle dei lavoratori"

«È caricato tutto sulla pelle dei lavoratori, è il momento di dire basta e di cambiar. Abbiamo fatto scioperi, ma dobbiamo alzare ancora di più il livello della protesta». Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, al corteo di Vercelli. «È il momento di fare una procura nazionale sulla sicurezza e mettere insieme le persone che hanno le competenze, bisogna investire sugli ispettorati sul lavoro, sulla sicurezza. Il governo si renda conto che è necessario aprire tavoli di confronto serio. Le imprese affrontino questa situazione a partire dai grandi gruppi come Fs e Anas». 

«È grave che il governo continui a non volersi confrontare seriamente col sindacato», dice il segretario della Cgil, Maurizio Landini in un'intervista al "Corriere della Sera" «Vogliamo risolvere i problemi. E per farlo bisogna cambiare le politiche del governo. Aumentare i salari e le pensioni, contrastare la precarietà, non allargare voucher e contratti a termine. Cancellare il sistema degli appalti e subappalti, invece di modificare il codice e introdurre i subappalti a cascata come ha fatto il governo. Cancellare i contratti pirata con una legge sulla rappresentanza. Introdurre il salario minimo per legge e investire su sanità e istruzione. Il governo anziché tassare le rendite e tutti gli extraprofitti usa dipendenti e pensionati come bancomat. Infatti, vorrebbe tagliare l'indicizzazione delle pensioni».

Ipotesi funerali solenni per le 5 vittime

di Erica Di Blasi

TORINO Non solo non aveva ricevuto alcuna autorizzazione, né scritta né orale, ma quando per due volte aveva chiesto al telefono se potevano iniziare i lavori, la sala di controllo della stazione di Chivasso aveva detto di "no", per via di un treno in ritardo. Antonio Massa, tecnico Rfi, è indagato insieme ad Andrea Gibin per la strage di Brandizzo, costata la vita a cinque operai. È proprio su di lui, su Massa, e sulle telefonate di quella notte maledetta si stanno concentrando le attenzioni degli inquirenti. Tre telefonate in 26 minuti. L'ordine di «non procedere con i lavori» ribadito in due conversazioni che si susseguono. E poi lo schianto in diretta telefonica. I rumori di sottofondo, durante la terza chiamata, con Massa che dice sotto choc: «Sono tutti morti, sono tutti morti».

LE REGISTRAZIONI

Sono racchiusi in cinque registrazioni - di altrettante comunicazioni - gli elementi di prova più importanti che la procura di Ivrea ha acquisito prima di consegnare, nelle scorse ore, gli avvisi di garanzia ai primi due indagati.

Rispondono entrambi, per la morte dei cinque operai avvenuta la notte del 30 agosto, di omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale.

Ma è contro Massa che si è avviata una gogna mediatica: insulti e minacce che identificavano in lui l'unico responsabile ancor prima di un eventuale processo. Una pressione che lo ha spinto a cancellare ogni suo profilo social. Per dormire deve prendere dei farmaci, quasi non parla, nella sua casa a Grugliasco, lo sguardo perso nel vuoto. La mente a quelle tre telefonate. Alle 23.26 lo si sente parlare nelle registrazioni con Chivasso.

«Allora, dobbiamo fare sto lavoro. Quando mi liberi la linea?». La risposta non lascia molti dubbi: «Aspetta non c'è ancora il via libera». Nell'ultima telefonata, quella che avviene in diretta con l'incidente, si sentono in sottofondo i rumori del cantiere. E da Chivasso: «Non te l'ho ancora data l'autorizzazione». Ma è già troppo tardi. Poi restano solo le urla. «Quando è successo tutto ero al telefono con la collega di Rfi, stavo compilando i documenti», ha spiegato Massa, sentito subito dopo la strage come persona informata sui fatti. Gli interrogatori non sono ancora iniziati.

Ma al di là delle singole posizioni da valutare, c'è altro. Dopo i blitz della finanza alla Si.gi.fer (la ditta di Borgo Vercelli in cui lavoravano le vittime) e negli uffici di Rfi, gli inquirenti cercano elementi di prova per dimostrare che la "prassi" di iniziare i lavori prima del rilascio dell'autorizzazione scritta non sarebbe stata, in generale, infrequente. Se la tesi verrà provata, rischieranno di essere indagate anche Rfi e Si.gi.fer come società.


Massa, come detto, si è barricato in casa e non risponde più nemmeno al citofono. Nei prossimi giorni sarà sentito con l'altro indagato. «Queste persone, parzialmente, una loro versione l'hanno già fornita - conferma la procuratrice capo di Ivrea, Gabriella Viglione - in parte consolidata da una serie di dati documentali, fotografici, video e telefonate di cui siamo già in possesso».

LA PROVINCIA SI FERMA

Intanto oggi in tutta la provincia di Vercelli è stato proclamato lo sciopero generale di otto ore, in Piemonte si fermeranno i settori degli edili e dei trasporti. Ci sarà anche il leader della Cgil Maurizio Landini. «Mai più tragedie come questa, non si può morire sul lavoro» si legge sul volantino che annuncia la manifestazione e lo sciopero. Il ritrovo è alle 10 davanti alla stazione e da piazza Roma partirà il corteo che sfilerà per le vie cittadine fino a raggiungere la Prefettura. Oltre a commemorare gli operai morti, l'obiettivo è far arrivare un messaggio chiaro: basta morti sul lavoro. Le statistiche 2023 sugli infortuni raccontano un triste bollettino. Nei primi sette mesi dell'anno in Italia si sono registrati 599 decessi sul lavoro, con un incremento del 4,4 per cento rispetto all'anno precedente. Ben 33 sono avvenuti in Piemonte: un dato che colloca la regione al quarto posto della triste classifica subito dietro a Lombardia, Veneto e Lazio. Tra le province il Verbano Cusio Ossola è al secondo posto, mentre Torino è 64esima.


Adesso i parenti delle vittime di Brandizzo dovranno affrontare un nuovo dolore. I resti dei cinque operai vanno identificati per dare il via libera ai funerali. L'equipe dei medici legali dell'Asl To4 è infatti ancora al lavoro per effettuare i test del Dna sui resti delle vittime. Per Michael Zanera, 34 anni, Giuseppe Sorvillo, 43 anni, Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni, Giuseppe Aversa, 49 anni, Kevin Laganà, 22 anni c'è l'ipotesi, dopo la visita delle istituzioni sul luogo dell'incidente, di funerali solenni.
 

Strage del treno a Brandizzo: oggi a Vercelli corteo di Cgil-Cisl-Uil per dire "mai più morti sul lavoro" dopo l'incidente ferroviario costato la vita  5 operai. Sul fronte delle indagini emerge che ci sarebbero state tre telefonate ma nessun nulla osta sarebbe stato concesso per l'inizio dei lavori sul binario della tragedia.

 

Lo scenario

Tre telefonate, ma nessun nulla osta concesso. È lì che qualcosa è andato storto, nelle ore in cui a Brandizzo era previsto il passaggio notturno di tre treni proprio mentre cinque operai dovevano cambiare dei binari. E in cinque sono morti, intorno alla mezzanotte tra il 30 e il 31 agosto, Michael Zanera, 34 anni, Giuseppe Sorvillo, 43 anni, Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni, Giuseppe Aversa, 49 anni, Kevin Laganà, 22 anni.

Per ricordarli davanti alla stazione ci sono fiori e un casco giallo col cuore rosso che sanguina su entrambi i lati, foto, parenti e amici che passano con gli occhi lucidi. Il focus allora va alle procedure, al loro rispetto.

«La procedura c'è - afferma il ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini - non puoi andare a lavorare su un binario se non c'è l'autorizzazione. È stato un drammatico errore su cui ovviamente dobbiamo andare fino in fondo, è inaccettabile».

Due persone sono indagate per omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale. Sono il capocantiere, Andrea Girardin Gibin, 52 anni, della ditta Sigifer come i cinque colleghi morti, e il tecnico di Rfi, Antonio Massa, 46 anni, che fungeva da «scorta».

La colpa del primo sarebbe di avere fatto scendere sui binari i suoi operai senza prima avere il foglio con il nulla osta. Per Massa invece nelle telefonate. Iniziano intorno alle 23.30 quelle in cui chiede alla centrale del movimento di Chivasso l'autorizzazione: una prima, poi una seconda. Ha in mano solo le ipotesi di finestre di lavoro, basate sugli orari previsti dei treni. Da Chivasso gli dicono «no», rinviano, «deve ancora passare un treno». Il punto potrebbe essere quale treno.

In programma erano tre: l'ultimo di linea, uno che doveva trasportare vagoni da Alessandria a Torino e un terzo, previsto verso l'1.30. Alle 23.30 il primo ha già fatto il suo percorso. Il secondo no, è in ritardo, ma non è chiaro se il tecnico Rfi l'abbia confuso col precedente. Perché scende sui binari col capocantiere e i cinque. Dalla centrale gli ripetono che avrà due finestre per lavorare: tra il secondo e il terzo treno, oppure dopo il terzo e ribadiscono: «State fermi». Una terza telefonata registra il boato, la frenata, la strage è fatta.

Ci sono altre due chiamate successive, ma sono solo le urla di Massa che la descrivono. La ricostruzione è nella registrazione delle telefonate, confrontate con gli orari in cui dalle telecamere della stazione si vedono gli operai sui binari.

Senza che un semaforo rosso fermasse i treni, perché non era previsto si fermassero. Senza i dispositivi che si mettono sulle rotaie per segnalare quando si lavora, ma non è chiaro quando sia obbligatorio farlo. Eppure i dispositivi di sicurezza sulla linea c'erano, sarebbero dovuti scattare dei segnali luminosi, ma non è accaduto. Di evidente c'è solo la prima ricostruzione abbozzata dei fatti di Massa e Girardin Gibin, abbastanza per fare decidere alla Procura di Ivrea (Torino) che da persone informate sui fatti divengano indagati.

Hanno parlato abbastanza, tanto che la procuratrice capo di Ivrea, Gabriella Viglione, oggi dice: «Gli interrogatori dei due indagati al momento non sono programmati. Vedremo eventuali istanze, ma per ora dobbiamo approfondire la documentazione raccolta».

In concreto significa che, a meno di richieste da parte dei legali degli indagati, gli interrogatori non saranno immediati. Allo stesso modo sembra prematuro ipotizzare altri indagati, mentre gli elementi da analizzare da parte degli inquirenti si allargano alla prassi. Ancora da sentire la Sigifer, così come Rfi. «Man mano che troviamo dati, valutiamo. Servono elementi concreti su cui sia utile e produttivo sentirli» spiega Viglione. Come a dire che le carte e i dati da pesare «sono tantissimi», richiedono tempo, ma insieme anche che la situazione dovrà cambiare e potrebbe accadere non appena qualche elemento lo consenta. 

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