Stupro in ritiro, la schermitrice: «La mia vita rovinata. Con quei tre in pedana le gare sono un incubo»

Lo sfogo della campionessa 17enne: «Allo specchio vedo me stessa a pezzi. Non voglio lasciare la scherma ma ho paura. Mi hanno già fatto del male»

Stupro in ritiro, la schermitrice: «La mia vita rovinata. Con quei tre in pedana le gare sono un incubo»
di Franca Giansoldati
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Martedì 5 Marzo 2024, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 09:42

«Avevo tre anni quando ho iniziato a fare scherma. Se chiudo gli occhi mi rivedo bambina mentre tengo in mano una piccola sciabola. In famiglia abbiamo tutti la stessa passione e col tempo è diventata la cosa più importante della mia vita». A parlare è Rosa, 17 anni, nome di fantasia della campionessa che ha subito uno stupro di gruppo mentre era in ritiro a Chianciano con gli atleti della nazionale ad agosto dell’anno scorso. È particolarmente provata. «Sto cercando di non leggere le notizie che mi riguardano perché purtroppo mi fa male, malissimo. Rivivo la stessa angoscia. Mi guardo allo specchio e mi vedo come se fossi a pezzi, una persona danneggiata. Non riesco a dormire, fatico a concentrarmi, davanti a me vedo il buio. So che tutti sono preoccupati per me e questo mi dispiace». 

MEMORIA

La forza di Rosa restano i genitori, le sorelle, gli amici che non la mollano un secondo, accompagnandola ovunque lei vada, proteggendola da quello che potrebbe farla sentire ancora più fragile. A vederla sembra ancora più giovane della sua età. Il viso acqua e sapone, gli occhi grandi, i capelli raccolti con la coda. «Ho paura. Come faccio a fare le gare se ci sono quei tre? Non posso salire in pedana e vedere di nuovo quelle persone, le stesse che mi hanno fatto del male. Mi mettono paura, ma io non voglio abbandonare la scherma». Cerca di trattenere le lacrime, che asciuga con un fazzoletto di carta. Di chi ha ancora paura sono i tre atleti che ha denunciato alla Procura di Siena per la presunta violenza sessuale avvenuta durante il ritiro a Chianciano.

Due di loro sono indagati mentre il terzo non ha ancora 18 anni e ora di lui dovrà occuparsi la procura dei minorenni. «Mi sono spostata a Frascati due anni fa, dove ho iniziato a lavorare con Lucio Landi, un allenatore italiano molto bravo. Prima ero in Uzbekistan. Ho scelto di trasferirmi perché in Italia la scherma è molto forte. A Chianciano avevo già fatto un altro ritiro e senza alcun problema. Fino all’agosto dell’anno scorso mi sentivo felice, avevo amiche a Frascati, facevo gare per qualificarmi. Ero cadetta under 17 e ai primi posti del mondo con tanti punti conquistati. Avevo anche un fidanzato che faceva scherma come me e avevo appena fatto anche un Campionato del mondo assoluto a Milano». 

IL DRAMMA

La vita di Rosa si è spezzata la notte tra il 4 e il 5 di agosto quando si risveglia nella stanza dei tre atleti intontita, confusa, incapace di reagire, tutta dolorante, piena di lividi. «La sera siamo andati tutti nel bar di fronte all’hotel a festeggiare dopo le gare di Milano. Ricordo solo di aver bevuto qualcosa, poi il nulla. Mi sono svegliata in una stanza semi incosciente, non avevo energia, non potevo muovermi». Rosa si soffia ancora il naso: non sa spiegarsi cosa sia accaduto veramente, quella condizione di totale stordimento e l’incapacità di ricordare. «Io sono piccola, non sapevo nulla. Perché mi hanno fatto questo? Mi ricordo che uno di questi tre ragazzi, il maggiore di loro, in passato si era interessato a me, mi chiese quale fosse la mia stanza ma mia sorella, che fa scherma anche lei, mi aveva protetto e lui se ne era andato». Nel corso degli accertamenti è stato appurato che l’atleta aveva nel sangue tracce di alcol e droga. Dalle analisi cliniche, effettuate il giorno dopo al pronto soccorso, Rosa è risultata positiva ai cannabinoidi (Thc) in percentuali basse. Anche questo è un altro motivo di disperazione. La giovane non è una fumatrice e, come tutti gli atleti, è sottoposta a continui test antidoping per le gare e gli allenamenti agonistici. 

L’INTERROGAZIONE

Il caso dello stupro di Chianciano è intanto diventato un caso politico. «È una vicenda gravissima e mostra l’assoluta necessità di approvare immediatamente due leggi: quella sul consenso e quella sulle molestie con l’aggravante dei luoghi di lavoro e di studio», dicono le senatrici Valeria Valente e Daniela Sbrollini, vicepresidente della Commissione sul feminicidio. «Sorprende che non siano state prese precauzioni per evitare incontri tra vittima e aggressori».

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