Stupro di gruppo al raduno di scherma. Campionessa minorenne uzbeka accusa tre atleti italiani

La notte da incubo di una minorenne violentata. Due dei presunti aggressori sono indagati. Il legale: «La federazione deve sospenderli»

Campionessa di scherma stuprata da tre atleti in un ritiro a Chianciano: «E ora li rivedo nelle gare»
di Valentina Errante e Franca Giansoldati
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Domenica 3 Marzo 2024, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 08:44

La chiameremo Rosa ma non è il suo vero nome. È un talento emergente della scherma mondiale, gareggia con la sciabola e la maglia dell’Uzbekistan ma è originaria di un altro Stato. All’attivo ha già un medagliere incredibile. Fino all’agosto scorso, ad appena diciassette anni, era al primo posto nella classifica mondiale della sua categoria. Una fuoriclasse. La scorsa estate ha partecipato anche ai Mondiali, all’Allianz Convention Centre di Milano, che mettevano in palio punti importanti per la qualificazione ai Giochi Olimpici di Parigi. Ma proprio in Italia la gioia di vivere e di competere di Rosa è precipitata in un baratro senza fine, nell’incubo di una violenza sessuale di gruppo. Uno stupro brutale, organizzato da tre atleti che si sono trasformati in belve. Tutto accade la notte tra il 4 e il 5 agosto a Chianciano Terme dove la ragazza è in ritiro assieme agli atleti della Federazione italiana scherma. Maschi e femmine insieme. Una mattina Rosa si risveglia intontita, incapace di parlare, piena di dolori ovunque, con lividi e ferite alle gambe. È talmente stordita da non ricordare più niente. Il buio. 

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Vorrebbe alzarsi ma non ci riesce.

Nella stanza con lei ci sono ancora tre ragazzi, sono tutti atleti della nazionale azzurra junior. Uno è sdraiato su di lei, un altro si sta rivestendo, il terzo le dorme accanto, nudo. I primi due fanno battute sessuali esplicite e ridono sguaiatamente. Rosa riesce ad alzarsi a fatica con fitte indescrivibili, ogni movimento è un dolore intenso. Raccoglie le forze e riesce a trascinarsi nella sua stanza, dove crolla. Qui viene soccorsa dalla compagna, un’altra atleta con la quale divideva la camera. L’ultimo ricordo che le resta ancora oggi è il bar situato davanti agli alloggi degli atleti. La sera prima erano andati tutti a festeggiare. Ricorda di aver bevuto una birra e due shottini, poi da quel momento c’è il vuoto. Quello che le è successo lo capisce in un attimo. L’angoscia si mescola alla rabbia e allo sconforto. Rosa in lacrime chiama la madre. Non riesce quasi a parlare, i singhiozzi rompono la voce. La mamma parte da Roma e si precipita a Chianciano per portare la figlia al pronto soccorso e denunciare lo stupro. La porta all’ospedale di Frascati che però non prende in carico la vittima perché minorenne e la manda al Bambino Gesù di Roma, dove riceve le prime cure. Due giorni dopo, però, Rosa sta ancora malissimo, la mamma questa volta la porta al San Giovanni, dove una dottoressa la visita per la seconda volta e, alla luce del racconto, le somministra la pillola del giorno dopo. Rosa ha ancora ecchimosi e traumi diffusi. Il 9 agosto la mamma accompagna Rosa al commissariato di San Vitale e racconta tutto l’incubo. Nei minimi dettagli. «Questo è un Codice Rosso, ha la priorità su tutto», assicurano i poliziotti presenti che si fanno assistere anche da una psicologa. L’incubo dell’atleta però è destinato a continuare perché ad oggi non c’è ancora stato alcun provvedimento restrittivo nei confronti degli atleti: due di loro risultano indagati dalla Procura di Siena ma ancora non c’è stato alcun provvedimento cautelare. L’avvocato della ragazza, Luciano Guidarelli, sta chiedendo da sei mesi, inutilmente, alla Federazione italiana di scherma di intervenire e sospendere i due indagati in via cautelare, come già è stato fatto in passato per un altro caso, quello di Andrea Cassarà che aveva ripreso con il telefonino una minorenne mentre faceva la doccia. Una beffa ulteriore per Rosa, costretta a trovarsi faccia a faccia sulle pedane con chi le ha fatto del male. «Così l’incubo non ha mai fine», confida la giovane.

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Codice rosso

«Ho inviato diverse Pec e sono andato nella sede della Federazione per incontrare il presidente ma non mi ha ricevuto. Ho parlato con la segretaria. Le indagini alla Procura sono in corso ma di provvedimenti cautelari, anche qui, nemmeno uno», spiega il legale. E il Codice Rosso che imporrebbe al magistrato di intervenire velocemente e vietare l’avvicinamento degli indagati ai luoghi frequentati dalla persona offesa? «Pare evidente che non sia stato applicato». Rosa da mesi è così costretta a gareggiare con il rischio di trovarsi gli indagati davanti: «Un’ulteriore sofferenza e un’umiliazione inaccettabile». La vittimizzazione secondaria, insomma. «E pensare che la mia assistita non è nemmeno stata sentita». In una memoria alla Procura l’avvocato già a ottobre segnalava questo rischio. Rosa sovrastata dal dolore, ancora sotto choc, ha già dovuto saltare alcune gare con effetti negativi per i risultati sportivi e il suo futuro. Il trauma e la paura ogni volta si ripresentano davanti ai due atleti. La madre non si dà pace: «Mia figlia è cambiata, se prima sorrideva alla vita, ora è cupa e ho tanta paura per lei».

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