Premio Messaggero per i giovani. «Aprirsi e aiutare», quelli che dicono un no alla violenza

Premio Messaggero per i giovani. «Aprirsi e aiutare», quelli che dicono un no alla violenza
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Mercoledì 16 Dicembre 2020, 23:56 - Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 06:13

«Aprirsi e aiutare» - di Stefano Marri, 15 anni

Ciao, mi chiamo Stefano, ho 15 anni, ho origini rumene, nasco in Toscana, ad Arezzo, e voglio aprire ciò che ho dentro per donarlo agli altri. Ho avuto una terribile infanzia, e adolescenza. Avevo molta paura dei miei genitori, che ho avuto fino a finire le medie. Avevo paura di perderli, essendo messo sempre in situazioni di scelta fra i due, e di fughe di uno dei due, rapendomi da un sogno di famiglia normale. Ho subìto tutti gli sfoghi dei miei genitori, che amo molto, e capisco più io di loro, che loro di loro stessi. Mi ero quasi abituato a quel terrore, mi ricorda un po’ la storia di “rosso malpelo”, ma a differenza sua, nel mio animo c’è sempre stata una grande forza altruista, e buona, una fiamma che non si è mai spenta. 

Ho subìto sempre bullismo, e sono sempre rimasto solo, e mi sono sempre schierato con i più deboli, che ho voluto difendere.

Ho lottato senza sosta, ma a testa bassa e con sguardo alto, cosa che faceva paura alle persone, ma ho voluto la pace, e volevo esprimere la mia mentalità matura che cresceva sempre, avendo sofferto molto, e essendomi buttato sempre nella vita, nel bene e nel male. Ho avuto trasferimenti di casa e scuola circa 10-12 volte in 15 anni, dalla Toscana al Lazio, e ciò lascia immaginare il disagio che ho vissuto.

Adesso sono qui a scrivere questo mio racconto, ma potrei farne un intero romanzo. Perché da tempo ho sentito dentro di me la necessità di aprirmi a tutti, per aiutare chi posso, e lo sto già facendo attraverso progetti online. Forse per ora questa è la cosa che mi ha reso più felice nella mia vita da 15enne, che 15enne non è. Ho aiutato a crescere molti ragazzi, creando un dialogo, raccontandomi, ed emozionandomi con loro, usufruendo della mia enorme empatia. Sogno di calcare il palcoscenico per donare ancora e ancora, fino a quando mi stancherò, cioè... mai! “Donare la propria anima tenendo a cuore un inferno vissuto, vivere e sacrificarsi in ogni momento per sé e per gli altri”, questo sono io!

Il coraggio di difendere ciò in cui crediamo - di Irene Mancone, 15 anni

Willy Monteiro Duarte e Emanuele Morganti: due nomi che parlano e che suscitano in ognuno di noi emozioni diverse. Emozioni legate strettamente alla persona, alla sua età, ai suoi principi morali e alla sua opinione, quest’ultima talvolta influenzata dagli altri. Cerchiamo per un momento di rivivere l’attimo in cui abbiamo appreso la storia di questi due ragazzi e pensiamo alla nostra reazione. Proviamo sconforto? Rabbia? Confusione? Le emozioni si basano sui nostri valori morali e umani, quindi principi che ci permettono di vivere felicemente, di realizzarci, e sui quali basiamo la nostra esistenza. Per me, che sono una ragazza di 15 anni, uno dei valori più importanti è la fiducia, che una volta persa è veramente difficile da riconquistare, è come se dessimo una parte di noi stessi a qualcuno; l’amicizia e l’onestà ne sono strettamente legate. Anche il coraggio è fondamentale: ci vuole una buona dose di esso per affrontare la vita e spesso per esprimere un’opinione o per reagire di fronte alle difficoltà. 

L’ambizione, che portiamo con noi fin da quando eravamo piccoli, ci spinge a tagliare un traguardo, per avere una soddisfazione personale o rendere orgogliosi i nostri cari. Questi sono valori importanti talvolta ignorati per la voglia di fare qualcosa di diverso, di pericoloso, per allontanarci da noi stessi ed essere più apprezzati dagli altri. È davvero necessario cambiare i nostri valori per farci comprendere dagli adulti o dai nostri pari? Fermiamoci a riflettere, diamo voce ai nostri pensieri. Vi sembra giusto spezzare una vita e impedire ad un ragazzo di realizzare i propri sogni? Perché non lottiamo per ciò che è giusto? Siamo esseri umani, molti commettono degli errori e tendono ad omologarsi agli altri, rinunciando alla propria opinione invece di prendere una posizione tra la folla… Willy e Emanuele hanno agito. Davvero vogliamo credere che il mondo sia solo questo, omologarsi agli altri o perdere la vita per difendere i propri valori?

Basta etichette, non siamo “leggeri” - di Giorgia Monni, 18 anni

Generazione Z, Nativi Digitali, Post-Millennials: questi sono solo alcuni dei termini con cui vengono identificati tutti coloro nati dal 1996 al 2010. Dietro queste etichette sembra celarsi una critica, velata o meno, a questa fascia d’età: generalizzare sulle generazioni più giovani non è nulla di nuovo, eppure è limitativo ridurre ad uno stereotipo ogni ragazzo la cui sola colpa è quella di essere nato nell’era di Internet.
Molti tardivi digitali tacciano questa generazione di superficialità e frivolezza adducendo ad una perdita di valori. Ma quali sono i valori dei giovani di oggi?

Ho posto questa domanda a diversi miei coetanei e ho riflettuto su quello che io stessa, nativa digitale per definizione, ritengo essere importante; le risposte che ho ricavato dimostrano tutt’altro che l’immaturità o la leggerezza con cui viene descritta la nostra generazione. I valori che più sono sentiti sono indiscutibilmente l’amicizia e la libertà, ma anche la solidarietà, l’educazione e la lealtà.

È stato difficile capire quali fossero effettivamente i miei valori: credo che sia fondamentale innanzitutto conoscere noi stessi. Ho sempre ritenuto che l’espressione “capire se stesso” fosse banale e retorica, tuttavia in questi ultimi nove mesi di profonda incertezza ho avuto modo di sperimentare quanto possa essere rivelatorio. Piuttosto che affrontare questa fase come farebbe la protagonista del discusso romanzo “Il mio anno di riposo e oblio” di Ottessa Moshfegh, alienandosi dalla realtà, dovremmo sfruttare questi mesi quantomeno inusuali per dare voce ai nostri ideali e principi.

In un periodo storico in cui l’apparire prevale sull’essere e conformarsi alla massa è il fine ultimo delle nostre azioni, è indispensabile far leva su quelli che sono i nostri valori ed esprimere le proprie idee senza paura di essere giudicati: solo in questo modo potremo dimostrare di non corrispondere a quello stereotipo che ci è stato cucito addosso. 

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