Foibe, Mattarella: «Negare o minimizzare è un affronto alle vittime. Fu un trauma doloroso per la nascente Repubblica»

Il giorno del ricordo al Quirinale

Foibe, Mattarella: «Negare o minimizzare è un affronto alle vittime. Fu un trauma doloroso per la nascente Repubblica»
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Venerdì 9 Febbraio 2024, 12:34 - Ultimo aggiornamento: 13:02

Giorno del ricordo delle vittime delle foibe, le celebrazioni al Quirinale. «Le foibe e l'esodo hanno rappresentato un trauma doloroso per la nascente Repubblica che si trovava ad affrontare la gravosa eredità di un Paese uscito sconfitto dalla guerra. Quelle vicende costituiscono una tragedia, che non può essere dimenticata. Non si cancellano pagine di storia, tragiche e duramente sofferte. I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione». Lo dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

«La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato - sappiamo - intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse», ha detto ancora Mattarella.

«Le sparizioni nelle foibe o dopo l'internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini.

E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l'annessione di quei territori sotto la dittatura comunista».

«Il nuovo assetto internazionale, venutosi a creare con la divisione in blocchi ideologici contrapposti, secondo la logica di Yalta, fece sì che passassero in secondo piano le sofferenze degli italiani d'Istria, Dalmazia e Fiume. Furono loro a pagare il prezzo più alto delle conseguenze seguite alla guerra sciaguratamente scatenata con le condizioni del Trattato di pace che ne derivò. Dopo aver patito le violenze subite all'arrivo del regime di Tito, quei nostri concittadini, dopo aver abbandonato tutto, provarono sulla loro sorte la triste condizione di sentirsi esuli nella propria Patria. Fatti oggetto della diffidenza, se non dell'ostilità, di parte dei connazionali».

Ha sottolineato Mattarella. «Le loro sofferenze non furono, per un lungo periodo, riconosciute. Un inaccettabile stravolgimento della verità che spingeva a trasformare tutte le vittime di quelle stragi e i profughi dell'esodo forzato, in colpevoli - accusati indistintamente di complicità e connivenze con la dittatura -  e a rimuovere, fin quasi a espellerla, la drammatica vicenda di quegli italiani dal tessuto e dalla storia nazionale»

«La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone - ha proseguito il Presidente della Repubblica - non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato - sappiamo - intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse».

«Le sparizioni nelle foibe o dopo l'internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa - ha concluso Mattarella - era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l'annessione di quei territori sotto la dittatura comunista».

Successivamente oltre trecentomila vissero il dramma dello sradicamento, della privazione e della necessità di inventare un nuovo altrove lontano dalla propria casa. Tuttavia il silenzio e il mancato riconoscimento degli effetti dell’esodo è il dolore più profondo ancora da rimarginare. 


Il sentimento di abbandono ha segnato il destino degli italiani nella zona al confine orientale dell’Istria, Dalmazia, Venezia Giulia.

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