Ripresa serie A, ancora niente partitelle: dubbi su tamponi e quarantena

Ripresa serie A, ancora niente partitelle: dubbi su tamponi e quarantena
di Emiliano Bernardini
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Giovedì 21 Maggio 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 21:48

Falsa ripartenza in serie A. O meglio rallentata. Ancora una volta. In pochi oggi partiranno con le sedute di gruppo e le partitelle. Per andare a regime probabilmente si dovrà attendere ancora qualche giorno. Il protocollo, riscritto da Lega e Figc, e validato martedì dal Cts alcuni dicono di non averlo ricevuto. Altri di voler aspettare che venga validato dal governo. E poi c’è sempre il nodo dell’isolamento fiduciario. Che altro non è che la quarantena. Eh sì perché se c’è un positivo, tutto il gruppo squadra deve chiudersi in un posto senza possibilità di contatti esterni anche se può allenarsi. Tutto facile per chi ha un centro sportivo attrezzato. Ma per chi non ce l’ha? E sono tante le squadre. Almeno la metà. Questo vorrebbe dire pagare un hotel, da subito, dove tutti quelli che fanno parte del gruppo squadra (giocatori, staff, massaggiatori, medici, cuochi, etc. etc.) devono restare per 14 giorni. Stanze singole e divieto assoluto di contatti con l’esterno. Strutture che devono comunque essere pre-allertate perché nulla può essere escluso. I medici di serie A sono ancora sul piede di guerra. «E’ inattuabile», «Non è possibile rischiare così tanto» urlano nella loro chat. Sullo sfondo resta le frizioni tra le teorie di Casasco e quelle di Zeppilli. Ieri ne hanno parlato nuovamente in una riunione dove c’erano anche diversi presidenti. 

PIANO B E PIANO C
Una soluzione, per ora non c’è. Si va avanti. Resta il rebus per il campionato. «In caso di nuovo stop proseguiremo con brevi fasi di play off e play out» ha ribadito il presidente della Figc, Gravina. Ossia 4 squadre per lo scudetto e 6 per la retrocessione. E in caso di stop definitivo classifica definita applicando oggettivi coefficienti correttivi che premino il merito sportivo. E poi c’è il problema dei tamponi. Uno ogni 4 giorni dice il protocollo. E se c’è un contagiano ne va fatto uno ogni 48 ore. Praticamente triplicati. Sempre nella riunione di ieri i medici hanno discusso su quale tipo di tampone usare: quelli normali, quelli rapidi o i test sierologici? Bisognerà metterci mano. Di nuovo. Pochi hanno fatto tutti i controlli e per questo oggi le squadre proseguiranno a piccoli gruppi. Ci sono anche i giocatori colpiti da Covid-19 che per un periodo di tempo devono allenarsi tenendo le pulsazioni sui 130 battiti. Di fatto si corre va a due velocità. E il gap tra ricchi e poveri aumenta. Basti pensare che i tamponi si spendono circa 50 mila euro al mese e per sanificare i centro sportivi si spendono 25 mila euro al giorno. Nessun problema per i top club o per chi può facilmente stringere partnership commerciali. Per le piccole è un ulteriore aggravio di spese. E tutto questo senza nessuna certezza che si finisca il campionato. 

L’IRA DEI CALCIATORI
A tutto questo si aggiunge l’ira dei calciatori. Hanno votato contro nella parte che riguarda le iscrizioni ai campionati e la norma che dice: «Tra le modifiche, ai fini ammissivi le Società dovranno assolvere al pagamento degli emolumenti e degli altri compensi scaduti il 31 maggio 2020. Si terrà conto in ogni caso degli eventuali contenziosi che dovessero insorgere per il periodo di sospensione delle attività (marzo/aprile)». Il presidente dell’Aic, Tommasi è furioso: «Sapete che cosa significa? Che siamo stati in campo fino al 15 marzo, che i calciatori hanno lavorato con il preparatore atletico per tutto il lockdown e ora tu puoi pure non retribuirli. E se fanno causa danno pure la possibilità al club di non pagarli fino ad agosto!». Oggi si prevede un riunione di fuoco tra i calciatori. 

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