Yara, dal sangue alle tracce esaurite: tutti i nodi ancora da sciogliere

Yara, dal sangue alle tracce esaurite: tutti i nodi ancora da sciogliere
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Giovedì 19 Giugno 2014, 03:01
dal nostro inviato Renato Pezzini BREMBATE SOPRA - Una sola domanda in casa Gambirasio: «Ha confessato?». No, Massimo Giuseppe Bossetti ha scelto di tacere ancora. E il fatto che continui a non dirsi innocente ma neppure colpevole alimenta la cautela della famiglia di Yara. Vorrebbero avere la certezza che questa è la volta buona, la certezza però non c’è - non ancora - dunque meglio aspettare, anche se il tempo dell’attesa apre lo spazio ai dubbi, alle perplessità, ingigantisce le piccole cose che non tornano, le deboli incongruenze ancora da sciogliere.



Il dna è la prova regina che accusa Bossetti, così almeno dicono carabinieri e polizia. Le minuscole tracce organiche trovate sul bordo dello slip e sui leggins della ragazzina corrispondono al codice genetico del muratore che da due giorni in carcere non risponde ai magistrati. Tuttavia se c’è qualcuno che da mesi suggerisce prudenza a chi attribuisce agli esami genetici il potere di indicare con incrollabile sicurezza il nome dell’assassino è proprio il consulente tecnico della famiglia Gambirasio, Giorgio Portera, ex ufficiale dei Ris e genetista forense.



Prima ancora che il nome di Bossetti irrompesse nell’inchiesta, Portera aveva evidenziato che le tracce di dna che costituiscono il cuore dell’accusa sono tracce molto piccole e non possono essere analizzate all’infinito. Infatti quelle tracce si sono nel frattempo esaurite, non ci sono più. Si deve fare affidamento a quella che gli esperti chiamano «la stringa», e cioè la catena genetica registrata e memorizzata nel corso delle analisi che però, inevitabilmente, ha una valenza scientifica inferiore. Soprattutto quando si tratta di condannare qualcuno.



Certo, un una crepa da poco se confrontata con la potenza probabatoria offerta all’accusa dagli sviluppi degli ultimi giorni. Una confessione, però, renderebbe tutto più semplice, tutto meno precario. Anche perché - e questo è un altro tassello mancante - non si sa e non si potrà mai sapere di che tipo sono le tracce organiche da cui è stato ricavato il dna del (presunto) assassino. Non è sperma, non è saliva, non è sudore, per cui i tecnici hanno dedotto che possa essere sangue. Plausibile ma, ancora una volta, non al cento per cento.



I genitori di Yara, marito e moglie, davanti alla foto di Bossetti hanno scosso il capo: «Mai visto prima». Il problema non è che non l’abbiano visto loro. Ciò che viene ritenuto anomalo, o per lo meno insolito rispetto alla casistica, è che di Bossetti non esista traccia negli archivi delle forze dell’ordine. Mai una denuncia, mai una segnalazione, mai neppure una confidenza anonima sul suo conto, come se il presunto maniaco fosse riuscito a superare la soglia dei 40 anni senza tradire in alcun modo le proprie tendenze, la propria passione morbosa per le ragazzine. Possibile?Infine la questione del telefono. Il cellulare di Bossetti venne agganciato un’ora prima della scomparsa di Yara a una cella che copre la zona sud di Brembate, quella dove la ragazza è stata rapita. Quella cella, però, arriva sino alla zona di Piana di Mapello, otto chilometri più giù, dove c’è la casa di Bossetti. E fino al giorno dopo il suo telefono non si è mai agganciato a una cella diversa, nemmeno quella di Chignolo d’Isola dove il corpo di Yara venne abbandonato.
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