Pio d Emilia
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Oriente furioso/La Sanità di Tokyo che ricorda l’Italia

Oriente furioso/ La Sanità di Tokyo che ricorda l Italia
di Pio d’Emilia
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Martedì 2 Marzo 2021, 00:25

Italia e Giappone sono tra i Paesi che registrano la più alta aspettativa di vita: la media, tra uomini e donne (che in genere vivono qualche anno di più) è, rispettivamente, di 83.4 e 84.1 anni. Sappiamo che sono molti i fattori che contribuiscono a questo risultato: clima, dieta, qualità della vita. Ma un ruolo fondamentale ce l’ha sicuramente il sistema sanitario. Anche qui, siamo tra i migliori al mondo. Lasciando perdere il supercitato, ma oramai superato, rapporto dell’Oms (organizzazione mondiale della sanità), uscito nel 2000 e con dati relativi al 1997 – quindi prima degli orrendi tagli e della privatizzazione selvaggia – nel quale l’Italia risultava al secondo posto (dopo la Francia) ed il Giappone all’11mo, un molto più recente studio dell’Ocse, che non prevede una classifica generale ma solo “giudizi” nei vari settori, ci trova regolarmente tra i primi 5 posti, preceduti da Paesi molto piccoli: Svizzera, Lussemburgo, Nuova Zelanda.

Del nostro sistema non me la sento di scrivere: anche se di recente, di “passaggio” in Italia, ho contratto il Covid e sono stato curato impeccabilmente. Posso invece raccontare un po’ come funzionano le cose qui, tra luci e ombre, grandi eccellenze e impensabili arretratezze.
Il sistema sanitario giapponese, la cui attuale “forma” risale ai primi anni ’60, è molto simile al nostro: tutti i residenti, compresi gli stranieri, hanno diritto ad essere curati, e tutti godono dell’assistenza sanitaria, il cui costo è progressivo, legato cioè al reddito. In genere lo stato si accolla il 70% dei costi, mentre il 30% - equivalente del nostro “ticket” – resta a carico del cittadino. Come avviene anche noi, sono previste agevolazioni e sussidi, in base al reddito, all’età e ad eventuali patologie croniche. C’è tuttavia un “tetto”, che in Italia non c’è. Superata una certa spesa mensile – l’equivalente di circa 500 euro - il ticket non si paga più. Le cure diventano completamente gratuite.

Il sistema sanitario si fonda su un dualismo abbastanza efficace: ospedali pubblici e cliniche private. Ad entrambe le strutture si accede quasi sempre senza appuntamento: a volte c’è da aspettare un po’, ma in compenso la prestazione è completa: il medico prescrive gli esami di base, li valuta, dispone se lo ritiene altri accertamenti diagnostici (eco, Tac, Rm etc, tutti rigorosamente in giornata) e prescrive eventuali medicine, che vengono consegnate direttamente in ospedale, in bustine che contengono le dosi esatte e le relative istruzioni.

Si calcola che con questo sistema di risparmi almeno il 50% della quantità di farmaci, rispetto a Paesi, come l’Italia, dove occorre acquistare confezioni intere. 

Le tariffe di tutti i servizi sanitari sono aggiornate ogni due anni mediante negoziati tra il Ministero della sanità e i medici. I negoziati determinano la tariffa per ogni prestazione e cura medica, e sono identiche in tutto il Paese. Se i medici tentano di aggirare il sistema prescrivendo più prestazioni per generare reddito, il governo reagisce abbassando le tariffe. E’ accaduto qualche anno fa per la risonanza magnetica, che in Giappone viene prescritta con molta facilità e frequenza: nel 2002 la tariffa venne abbassata dal governo del 35% portando il costo medio per il paziente a circa 100 dollari. Negli Usa è ci circa 1500 dollari.

In Giappone, ed è questa la differenza più importante rispetto al nostro sistema, non esiste il medico di base, o di famiglia che dir si voglia. Quando si sta male, si va sempre e comunque in ospedale, non esiste la figura del medico che visita a domicilio o che prescrive farmaci a distanza. Nei casi più gravi, ovviamente si chiama un’ambulanza, il cui uso è sempre e comunque gratuito. In tempi di Covid la situazione è un po’ cambiata, molti ospedali e cliniche hanno sviluppato sistemi telematici, di “cura” a distanza. Ma l’emergenza è comunque garantita. O almeno così dovrebbe essere. In realtà anche qui, soprattutto nelle grandi città i casi di malasanità sono sempre più frequenti. Lo scorso ottobre un signore infartuato è morto in ambulanza, dopo essere stato rifiutato da ben 13 strutture. Qui lo chiamano tarai mawashi, girare intorno. «Il nostro è un sistema potenzialmente perfetto – spiega Kentaro Iwata, un virologo diventato famoso perché lo scorso gennaio era salito a bordo della Diamond Princess, la nave a lungo bloccata nel porto di Yokohama, per poi denunciarne le pesanti lacune in termini di prevenzione e sicurezza – ma che alla prova dei fatti incontra sempre qualcosa o qualcuno che lo manda in tilt. E alla fine a rimetterci sono i cittadini». «Il rischio è che per colpa di pochi furbi e incompetenti, il sistema improvvisamente collassi: è come l’acqua che esce dai rubinetti. Noi la diamo per scontata, ma non è escluso che un giorno, possa finire». 

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