Pio d Emilia
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Se la pandemia rilancia le case “maledette”

di Pio d’Emilia
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Lunedì 19 Ottobre 2020, 00:03

I giapponesi le chiamano jiko bukken, letteralmente, “case incidentate”. Termine vago, che comprende ogni sorta di problematica che può contribuire ad una riduzione dell’affitto. Ma quasi sempre si tratta della presenza di obake: fantasmi. 

I giapponesi sono molto superstiziosi e – a differenza di quanto siamo portati a credere seguendo una certa tradizione letteraria – anche molto paurosi. A nessuna coppia verrebbe in mente di scegliere – deliberatamente – una casa dove è stato commesso un omicidio, o il vecchio inquilino si è suicidato, o che è comunque stata teatro di crimini violenti. Ma i tempi sono cambiati, e con la crisi economica, resa sempre più pesante dalla pandemia, non ci si può permettere di rinunciare alle “occasioni”. Ed ecco perché recentemente ci sono delle agenzie immobiliari, e siti internet, che pubblicizzano apertamente queste case “maledette”, ma superscontate. Che vanno letteralmente a ruba. 

C’è un sito, http://www.outletfudousan.com particolarmente popolare, che indica anche nei minimi dettagli data e “tipo di incidente”, con tanto di asterischi sul grado di “sostenibilità” della eventuale maledizione. In pratica, sulle possibilità reali che un fantasma possa disturbare i nuovi inquilini. Attenzione: sono informazioni dovute per legge. Al momento di firmare un nuovo contratto di affitto, il proprietario o l’agenzia che lo rappresenta sono tenuti a consegnare al conduttore un documento ufficiale, una sorta di “diario della casa”, dalla sua nascita (data di costruzione) al momento attuale. Una sezione di questo documento, chiamata kokuchi jiko ari è specificatamente dedicata agli eventuali “incidenti” avvenuti all’interno, nel palazzo o anche nelle vicinanze, e deve riportare con dovizia di particolari (date, soprattutto: pare che i fantasmi dopo dieci anni spariscano comunque ) quanto potrebbe ridurre il suo valore di mercato. Pena il diritto di recessione e anche il pagamento di danni. C’è un sito, http://www.oshimaland.co.jp, dove digitando l’indirizzo si può verificare se si vive in una casa “maledetta”.

Cercare casa in Giappone, soprattutto nelle grandi città, è un processo lungo e complicato. Per tutti, intendiamoci, non solo per gli stranieri, per i quali si aggiungono ulteriori e spesso insormontabili difficoltà. Diciamo che per entrare in una nuova casa bisogna considerare di pagare almeno sei mensilità anticipate: due mesi di deposito, il primo mese di affitto, un mese di commissione per l’agenzia, un altro mese per la hosho gaisha, la società di assicurazione che garantisce il padrone di casa per il pagamento della pigione (un tempo era necessario uno sponsor locale, un garante, oggi ci sono società specializzate che forniscono questo servizio). Infine c’è il reikin: una o due mensilità che il nuovo inquilino deve regalare al padrone di casa per ringraziarlo di avergli concesso la casa. Una vecchia usanza che sta cadendo in disuso (specie nel caso di affitti alti) ma ancora molto diffusa, specie nelle grandi città. La crisi economica – e l’incertezza sulle Olimpiadi, che nonostante le continue conferme non è affatto certo che si riescano a disputare – sta tuttavia modificando profondamente il mercato. Oltre al calo degli affitti (anche per contratti già in essere) agenzie e proprietari cominciano ad essere meno esigenti nel porre condizioni ed esclusioni. Tempo fa ho visto con i miei occhi, sulla vetrina di un’agenzia immobiliare, un annuncio in cui oltre all’ascensore, la cantina e l’estrema vicinanza da una stazione della metropolitana (elemento fondamentale, per la stragrande maggioranza dei giapponesi, vista la necessità di muoversi con i mezzi pubblici) c’era questa scritta: petto, gaijin ok. “Animali domestici e cittadini stranieri ok”. 
Un passo avanti.

Soprattutto se si pensa che mentre gli animali domestici e perfino gli stranieri cominciano ad essere benvenuti, aumentano gli appartamenti, e addirittura i palazzi, dove sono i bambini piccoli a non essere graditi. Una cosa molto triste. 

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