Francesco Grillo
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Corsa al progresso/ Il conflitto tra i potenti e la lezione della Luna

di Francesco Grillo
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Mercoledì 4 Agosto 2021, 00:26

Pochi lo ricordano ma il più grande successo della storia della televisione mondiale è, ancora, la diretta della passeggiata che un astronauta americano fece sul suolo della Luna in una magica notte di un’estate di 52 anni fa. Per la prima volta nella Storia, l’umanità si sentì tutta negli stivaloni del primo uomo che toccava un corpo celeste che non fosse quello suo. Ad unirci era il compimento di quello che è il destino della strana specie alla quale apparteniamo, l’unica capace di essere consapevole dei propri limiti e di percepire l’infinito.

Quel momento fu il primo di totale condivisione (le televisioni in bianco e nero seguivano l’allunaggio anche da Varsavia, Calcutta e Pechino) e, però, fu, in un certo senso, anche l’ultimo. L’avventura di Neil Armstrong che – secondo i rapporti della Nasa e i grandi film degli anni sessanta – ci avrebbe dovuto portare su Marte entro la fine del secolo, evaporò all’improvviso: da quell’estate meno di 600 persone sono tornate nello Spazio e nessuno sulla Luna dal 1972. Mezzo secolo dopo la corsa è ripartita grazie ad un po’ di sana competizione tra Stati e all’arrivo di imprenditori visionari che stanno cambiando il mondo. 

Il progetto Apollo fu, in effetti, la dimostrazione di come il progresso proceda grazie ad una combinazione di concorrenza, cooperazione, grinta, ingenuità. A spingere gli americani in un’impresa che fu ordinata da un Generale diventato Presidente – Eisenhower – furono i successi dei sovietici che furono i primi a lanciare un satellite (Sputnik nel 1957) e far oltrepassare ad un uomo (Yuri Gagarin nel 1961) il limite oltre il quale c’è lo Spazio (fissato in 100 km dalla superficie dal fisico Von Karman). Il sacro terrore di poter perdere la più importante delle supremazie - quella delle tecnologie - portò gli Usa all’accelerazione che li portò a vincere una sfida fatta di simboli e di calcoli. Quella sera, però, nel 1969, i papà di tutto il mondo svegliarono figli piccoli per seguire quelle immagini sfocate (in Italia le commentava Tito Stagno in una trasmissione non più dimenticata).
Negli anni successivi il sogno ebbe un brusco rallentamento. Nonostante il fatto che una semplice progressione lineare dei risultati ottenuti faceva promettere allo stesso Presidente Nixon un futuro simile a quello immaginato da Stanley Kubrick.

E, invece, è come se alle prime caravelle di Colombo fosse seguito un progressivo disinteresse: nonostante le esplorazioni di Marte, gli investimenti nel programma Space Shuttle e nella base spaziale internazionale, lo Spazio non fu più al centro dei sogni del mondo. Un po’ perché c’erano o continuano ad esserci dubbi sul ritorno economico una ricerca così di base come, quasi per definizione, è quella effettuata per arrivare sulla Luna o che si può condurre dalle stazioni orbitanti. In parte maggiore, deve essere mancata, però, quell’ambizione che l’avventura comporta. 

E, tuttavia, oggi, potremmo essere all’inizio di un nuovo inizio. Per almeno tre motivi. Intanto, il 1969 è lo stesso anno di un altro progetto di cui pochissimi sentirono parlare e che ha cambiato il mondo, ancora più di Apollo. Da una commessa del Pentagono, nasce, in quello stesso anno, il primo protocollo di comunicazione che verrà chiamato Internet. Da quel momento, la potenza di calcolo è cresciuta ad un punto tale che un adolescente ha, oggi, accesso ad una quantità di informazione superiore a quella che usavano nel centro di controllo del volo a Houston. Ciò significa abbattere di decine di volte il costo potenziale di un nuovo programma spaziale.
In secondo luogo, gli americani hanno un nuovo avversario.

La Cina è la prima ad essere tornata a toccare la Luna con un veicolo (nel 2013 dopo l’ultima missione dei sovietici nel 1976) e sta progettando una base spaziale alternativa a quella “internazionale” dalla quale è esclusa. L’approccio della Cina è semplice e, fino ad ora, efficiente: studiano l’esperienza dei propri avversari, per riprodurne le traiettorie di sviluppo perfezionandole. In questa maniera, potrebbero superare gli americani – ad esempio – nell’impresa di portare sulla terra campioni di suolo marziano, utilizzando la programmazione come vantaggio competitivo.
Infine, ci sono i privati.

Entrano nella partita – ed è la vera novità – alcuni imprenditori che vogliono continuare a “stupire”, dopo aver trasformato l’economia mondiale.

E ciascuno di loro ha un’ipotesi di business che può ripagare l’impresa: punta al turismo spaziale Jeff Bezos che si è fatto lanciare - lo stesso 20 luglio che è l’anniversario del “piccolo passo” di Armstrong - nello Spazio da un razzo della sua Blue Origin; Richard Branson sembra, invece, pensare a trasformare la propria Virgin in una linea aereo spaziale in grado di coprire in tre ore la tratta Milano – Sydney; mentre SpaceX del fondatore di Tesla, Elon Musk, vuole costruire una rete Internet satellitare globale.

Stiamo, dunque, tornando allo Spazio e la Nasa con il progetto Artemis, l’obiettivo – fissato dalla precedente presidenza – di tornare tra i crateri della Luna entro i prossimi tre anni. L’idea è quella di lavorare - insieme agli stessi privati che si contendono appalti di grande dimensione - ad una base sul satellite (proprio come in una serie televisiva del 1973 che ne immaginava la realizzazione entro il 1999) e di estrarre dal ghiaccio rimasto intrappolato nel suolo, l’acqua, l’idrogeno e l’ossigeno necessario ai coloni. 
C’è però un problema grosso da risolvere e non è di tipo tecnologico.

A chi appartiene la Luna? Avevano ragione gli astronauti – cowboy degli anni sessanta ad immaginare di poter dare un nome alle montagne che osservavano accanto alla bandiera? Se davvero – come vogliono antichi trattati – nessun Paese può reclamare diritti su altri pianeti, chi è responsabile della trasformazione che l’uomo, prima o poi, proverà a realizzare anche in altri mondi per renderli ospitali? E, soprattutto, come evitiamo che lo Spazio diventi il far west dal quale gli eserciti siano in grado di alterare equilibri di una pace che è affidata alla terrificante promessa della distruzione reciproca?

Si riproporrà nello Spazio, il problema che rischia di rendere insostenibile il progresso ulteriore della specie umana sul pianeta Terra. Ma, di certo, l’uomo non ha alternativa. Del resto come intuirono gli scienziati che coltivarono il sogno della Luna, siamo programmati per superare il nostro limite.
 

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