Francesco Grillo
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Il prezzo del gas/ La trappola del Ttf che l’Europa deve evitare

di Francesco Grillo
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Mercoledì 19 Ottobre 2022, 01:13 - Ultimo aggiornamento: 20 Ottobre, 01:13

«Se avessi creduto nella teoria dell’efficienza dei mercati finanziari, starei ancora a consegnare riviste a domicilio». A prendere in giro l’ipotesi – suffragata per la verità da decenni di letteratura scientifica – che le Borse siano capaci di catturare il valore dei titoli che vi vengono scambiati, fu lo stesso Warren Buffett. Quel Buffett che, partendo dalla vendita dei giornali è riuscito a diventare la persona che più di qualsiasi altra ha accumulato enormi ricchezze acquistando e vendendo azioni, obbligazioni, materie prime. I mercati sono, però, molto utili, normalmente, ad allocare risorse scarse agli utilizzi più produttivi, anche se in alcune occasioni possono, al contrario, diventare macchine per fabbricare soldi senza rischi per alcuni che possono portare alla rovina di molti altri. 

Sembra essere questo il caso del mercato virtuale olandese nel quale si scambiano i diritti ad acquistare e vendere gas naturale (Ttf) e che si è affermato proprio durante i mesi della pandemia: fu un errore legare il prezzo delle bollette pagate da centinaia di milioni di famiglie europee a quotazioni che in un solo anno sono cresciute prima del 1500% per poi dimezzarsi negli ultimi mesi. È un errore che la Commissione sembra riconoscere in queste ore. Il paradosso delle bollette è uno dei punti di partenza della Conferenza delle Dolomiti che si terrà tra qualche giorno a Bolzano/ Trento e precede il prossimo summit delle Nazioni Unite sul clima. Gli ultimi 18 mesi sono caratterizzati da andamenti molto diversi. Il prezzo del gas sul mercato del gas naturale rimane inferiore a 20 euro fino al maggio del 2021, per passare ad un livello 15 volte superiore nel marzo di quest’anno, per atterrare a circa 140 euro la settimana scorsa. Il prezzo della materia prima è più stabile e segue un incremento graduale che, secondo l’Arera, ne raddoppia il valore rispetto a un anno fa. 

La quantità di prodotto offerta all’Italia rimane, invece, assolutamente stabile: si riduce, nei dati forniti da Snam, di quasi la metà il gas che acquistiamo dalla Russia (che copriva il 30% del nostro fabbisogno) ma le forniture venute a mancare sono completamente sostituite da maggiori importazioni dal Nord Europa. È questa una situazione che potrebbe peggiorare con l’arrivo dell’inverno e, tuttavia, sono tre i numeri che non tornano: il primo è che la riduzione delle forniture russe (-15% del totale) non è sufficiente per spiegare un così vertiginoso aumento del prezzo del gas (+1500%); il secondo è che, in realtà, la crisi è cominciata molto prima della guerra ed è dalla fine dei lockdown, che il prezzo del gas è andato fuori controllo; il terzo, infine, è che pur vendendo di meno all’Europa, la Russia sta incassando di più: vende di meno all’Europa, ma l’incremento dei prezzi supera nettamente il sacrificio in termini di minori esportazioni. Il risultato finale sembra configurare un paradossale trasferimento di risorse dalle famiglie europee alla Russia che si intende colpire e ad altri speculatori che vendono sul mercato olandese gas acquisito a prezzi regolati. 

Per capire cosa non funziona nel Ttf dobbiamo ricordare che i presupposti per l’esistenza di mercati finanziari efficienti sono due: la prima è che vi si incontrino numerosi venditori e numerosi compratori, laddove nessuno ha informazioni che lo avvantaggino; la seconda è che un qualsiasi investitore possa cambiare tra titoli diversi senza problemi.

Nei mercati del gas, entrambe le condizioni non sussistono: tra i partecipanti a quei mercati sono poche le aziende che forniscono gas (sono poche compagnie russe e occidentali, mentre quasi assenti sono quelle del medio-oriente e nordafricane); in secondo luogo, un acquirente di gas non può spostarsi da un fornitore ad un altro, perché le sue scelte sono condizionate dall’esistenza di gasdotti che limitano la scelta. In queste condizioni legare il prezzo del gas pagato da una famiglia italiana al mercato olandese è come sottoscrivere un mutuo immobiliare a un tasso che non solo è variabile ma il cui costo è stabilito dal banchiere. Alla Russia basta, in teoria, ridurre le forniture ad un cliente per aumentare il prezzo in maniera tale da non perdere l’incasso finale e farne ulteriori con le quantità risparmiate rivendendole sul mercato olandese.

Tra le mosse minime necessarie alla crisi, c’è quella di sostituire le volatilità di un mercato molto imperfetto, tornando a contratti di lungo periodo e prezzi stabili. Con una differenza rispetto al passato: essi verrebbero stipulati con i singoli Paesi fornitori dall’Unione Europea per conto degli Stati membri che decidano finalmente di condividere una politica energetica comune. Ciò renderebbe i compratori più forti e il mercato europeo più integrato e meno vulnerabile. È l’idea che sembra ispirare le proposte che la Commissione Europea sta suggerendo al prossimo Consiglio. Anche se con la solita necessità di non sbattere contro i muri di unanimità che sono, ormai, il problema di un’Unione sempre in ritardo. 

I mercati finanziari hanno, in teoria, il grande vantaggio di costruire prezzi in grado di meglio rispecchiare il valore di una società o di un bene e di meglio allocare risorse scarse a chi ne fa un uso più produttivo. In casi come quello del Ttf, rischiano di diventare una trappola, proprio perché c’è un venditore che senza neppure dover possedere l’intuito di Warren Buffett si ritrova a poter stabilire il prezzo dei beni che propone e dei quali i compratori non possono fare a meno. Fa bene ai mercati stessi, se i Governi ci si affidano con la prudenza e l’intelligenza di chi è responsabile della sorte di famiglie e imprese che neppure mai sapranno dell’esistenza di meccanismi così virtuali.

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