Giuseppe Vegas
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L'anniversario/ La lezione di Einaudi che seminava per il futuro

di Giuseppe Vegas
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Domenica 24 Marzo 2024, 00:07
Oggi ricorre il centocinquantesimo anniversario della nascita di Luigi Einaudi e domani il primo presidente della Repubblica sarà ricordato in Campidoglio alla presenza del Presidente Mattarella.
È importante ricordarlo innanzitutto per non dimenticare la sua opera, che permise all’Italia di risollevarsi, dopo uno dei momenti più bui della sua storia e di intraprendere il cammino verso quello che fu il “miracolo economico” del secondo dopoguerra. Ma anche, e forse soprattutto, per farlo conoscere ai più giovani.
In un momento in cui allo studio della Storia non viene sempre dedicata l’attenzione che le si dovrebbe e in cui la periodizzazione degli eventi e la loro concatenazione temporale talvolta lascia il passo alla trattazione quasi astratta di realtà sociali singolarmente considerate e collocate in uno spazio temporale indefinito, soffermarsi a ricordare i fatti e le persone le cui azioni hanno direttamente influito sul nostro destino costituisce strumento indispensabile per comprendere la realtà odierna. E forse anche per trarre qualche insegnamento per meglio indirizzarla verso il futuro. Gli eventi che portarono alla nascita della Repubblica, dopo la sconfitta nella seconda guerra mondiale, con il suo carico di morte e distruzioni, non saranno stati così importanti per indirizzare le sorti del mondo come le guerre puniche, ma, per le nostre vite di piccoli uomini contemporanei, probabilmente contano di più. 
Per comprendere il senso del procedere della nostra civiltà occorre infatti conoscere, e quindi studiare, la storia antica, ma sarebbe esiziale trascurare gli avvenimenti più recenti e gli uomini che li hanno determinati. Con una precisazione. In una fase in cui sulla realtà prevale la sua rappresentazione, principalmente ad opera dei nuovi strumenti di comunicazione, in primis i social, vale forse la pena di ricordare che il destino collettivo non viene indirizzato dalle emozioni, ma dai fatti e dal ragionamento. E, sotto questo profilo, Luigi Einaudi non rappresenta certo un personaggio simpatetico per chi crede di comprendere la vita attraverso post e like. In fondo, si tratta di un uomo schivo, forse anche antipatico, che non ha mai seguito l’onda dei sentimenti dell’opinione pubblica. Anzi si è posto il più delle volte in contrasto con il senso comune e l’arrendevolezza al quieto vivere, per far valere le ragioni del confronto dialettico e della rigorosa sfida intellettuale.
Lo ha fatto in tutte le occasioni e in tutti i ruoli professionali che si è trovato a svolgere. Da economista e docente universitario, da giornalista, da Governatore della Banca d’Italia, da senatore del regno e da membro dell’Assemblea Costituente, da ministro del bilancio e da Presidente della Repubblica. Ma il motivo vero per cui va ricordato è per aver creato le premesse dello sviluppo economico italiano e per aver dato corpo alla nuova figura istituzionale del Presidente della Repubblica, definendone, attraverso la prassi, poteri e funzioni concrete.
In tutta la sua vita, dalla scuola alle istituzioni, ha applicato con coerenza alcuni, semplici, valori: la libertà, l’etica, il risparmio, la solidarietà e la responsabilità. La libertà innanzitutto. Quella politica e quella dei mercati. Interprete di quel mondo liberale che aveva fatto l’Unità d’Italia, era persuaso che la libertà individuale costituisse il solo motore dello sviluppo umano e non tollerasse alcuna costrizione. E in questo anelito si trovò addirittura in contrasto col maggiore filosofo del tempo, Benedetto Croce, che gli rimproverava un eccessivo “liberismo” nel campo economico. Tuttavia, proprio la ricetta liberista di Einaudi costituì lo strumento per svincolare la realtà economica interna dai residui dello statalismo e del corporativismo, che la avevano governata nel ventennio fascista e che, se mantenuti, ne avrebbero pregiudicato il futuro sviluppo. Grazie proprio alla sua azione di liberalizzazione delle transazioni in valuta, da Governatore della Banca d’Italia nel primo dopoguerra riuscì in pochi mesi a piegare l’inflazione galoppante di quegli anni e ad aprire un ordinato sentiero di crescita, fondato sulla fiducia e sul consolidamento del valore del risparmio. Proprio il risparmio, infatti è da lui considerato come un connotato etico del comportamento umano. Come, d’altra parte, tutte le scelte economiche, per poter ottenere risultati positivi, non possono che essere guidate dalla morale. Che impone, di per sé, la solidarietà tra tutte le componenti della società e ripudia la prevaricazione degli uni sugli altri.
E d’altronde il richiamo alla morale come riferimento di ogni comportamento economico ha guidato anche le sue scelte alla Costituente. Non a caso, l’idea che sta alla base dell’arcinoto articolo 81 della costituzione, quello che impone che ogni legge di spesa debba prevedere la sua copertura finanziaria, riposa esattamente sul principio della responsabilità, che esige proprio che ogni scelta individui con chiarezza chi ne trae vantaggio e chi ne subisce un danno. E, come si sa, da quando è iniziata l’epoca dei pasti gratis, la voragine del debito pubblico è divenuta inarrestabile.
Il medesimo rigore morale Einaudi applicò una volta chiamato alla Suprema Magistratura, allorché occorreva dar corpo alle prassi costituzionali che avrebbero definito l’agenda anche dei futuri presidenti: il metodo di formazione del governo, il controllo della legislazione e il potere di rinvio delle leggi alle Camere, esercitato per la prima volta in due casi di leggi prive della necessaria copertura finanziaria. Senza trascurare di approfondire e di esprimere il suo giudizio su tutte le principali questioni che la nascente repubblica si trovava a dover affrontare. 
La nobiltà della sua azione è stata dunque quella di non agire per un ritorno immediato di un consenso personale, ma, disinteressatamente, per segnare la strada che avrebbero percorso i posteri. Come un seminatore di raccolti futuri. Anche per questo lo dobbiamo ringraziare.
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