Fabrizio Pagani*

L’intervento / Un sistema pubblico-privato per l’industria della difesa

di Fabrizio Pagani*
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Venerdì 19 Aprile 2024, 00:15

L’invasione dell’Ucraina e l’aumento dell’instabilità internazionale hanno riportato in maniera urgente ed immediata i temi di sicurezza e difesa al centro dell’agenda politica dei governi europei e dell’opinione pubblica, dopo almeno tre decenni di relativa disattenzione. Com’è noto, in Europa la spesa per la difesa manca non tanto di dimensione, ma manca soprattutto di concentrazione: troppi programmi nazionali, troppa frammentazione, poca spesa comune per programmi comuni. Questo rende la difesa europea meno efficiente e, in diversi settori, anche meno avanzata. Tale mancanza di specializzazione determina a cascata una frammentazione dell’industria della difesa con società di taglia molto più piccola rispetto alle altre grandi potenze e quindi ulteriori inefficienze e minore competitività sui mercati internazionali.

Una strategia industriale comunitaria per la difesa dovrebbe rafforzare progressivamente cooperazione tra le industrie europee, promuovendo operazioni di procurement collettive da parte degli Stati membri e l’integrazione continentale delle catene del valore sottostanti. L'obiettivo è sviluppare una base industriale e tecnologica per la difesa agile e innovativa, garantendo ordini regolari e garantiti su cui l’industria possa contare per programmare produzioni e investimenti.

I leader europei ne hanno preso atto nell’ultimo Consiglio europeo e hanno chiesto alla Commissione di presentare per giugno delle proposte sul finanziamento della difesa comune, che fino adesso è stato a livello embrionale. Questi temi sono stati anche oggetto di un recente discorso di Mario Draghi e del Rapporto sul Mercato Unico, presentato ieri al Consiglio europeo, da Enrico Letta. Questo rapporto peraltro articola anche alcuni meccanismi di finanziamento di sicuro interesse.

Tra le varie opzioni allo studio vi è l’utilizzo del bilancio attuale dell'Ue, ma questo implica che le risorse messe a disposizione sarebbero necessariamente limitate. Molto più rilevante sarebbe emettere debito comune per finanziare spese militari comuni e in particolare progetti di approvvigionamento congiunto. L'Unione Europea ha già meccanismi ben consolidati per l'emissione di Eu bond sul mercato, per esempio per il Fondo per la Ripresa e la Resilienza e altri programmi, come Sure. Inoltre, l'Ue già utilizza risorse raccolte sul mercato dei capitali attraverso obbligazioni per finanziare la facility che sostiene l'economia ucraina, seppure non direttamente il suo sforzo militare. Complessivamente per il 2024, la Commissione prevede emissioni di circa 75 miliardi di euro. Date le aspettative degli investitori per le obbligazioni sovrane dell'Ue, non ci sarebbe alcun problema nell’aumentare significativamente questa somma.

Le obbligazioni europee hanno infatti un rating AAA e offrono rendimenti leggermente migliori rispetto ai Bund tedeschi.

Altre opzioni di interesse includono l’introduzione di eccezioni alle nuove regole fiscali, l’utilizzo delle risorse russe congelati dall'Ue e anche la creazione di una possibile linea di sostegno alla difesa dell'Esm, così come si fece durante la crisi Covid.

D’altro lato, a complemento, vi è il tema del finanziamento degli investimenti delle società che operano in sicurezza e difesa, molte anche italiane. La nuova Presidente della Banca Europea degli Investimenti, Nadia Calviño, ha recentemente sottolineato un nuovo ruolo nella difesa per la Bei. La Bei è vincolata dal principio di investire esclusivamente in tecnologie "a doppio uso". Tuttavia, una interpretazione ampia e concordata degli investimenti ammissibili sembra essere la soluzione più probabile a questa restrizione, come suggerito dal Consiglio Europeo. In questo senso si erano espressi in una lettera alla Presidente della Bei, i leader di 14 governi europei, tra cui il nostro Presidente del Consiglio. Finora la Bei ha finanziato con prestiti progetti duali per due miliardi, ma questa cifra è destinata ad aumentare rapidamente. Inoltre, è stata lanciata, all’interno del Fondo Europeo per gli Investimenti, un’iniziativa da 175 milioni di euro per equity in startup e Pmi del settore. Si tratta di un fondo di fondi, che investirà in fondi di venture capital e private equity che prendono partecipazioni in aziende europee che sviluppano tecnologie innovative con potenziale d'uso duale. Questo fondo si affianca a quello della Nato, anch’esso di recente costituzione. Dopo anni disattenzione, molti pezzi di una costruzione complessa sono in movimento. Dobbiamo sperare che le scelte sia pronte ed i tempi siano rapidi, così come lo furono per esempio ai tempi della crisi pandemica.

Per finanziare questa integrazione, sono necessari meccanismi di finanziamento innovativi, che includano sia investimenti pubblici attraverso il bilancio dell'Ue che strategie basate sul mercato per promuovere gli investimenti privati. A questo fine il Mes e la Bei potrebbero attivare una linea di credito privilegiata per gli investimenti nella difesa di respiro europeo. Contemporaneamente, una parte del bilancio comunitario può essere dedicata in modo permanente a questo tipo di investimenti, sempre in un’ottica di accompagnare la nascita e la crescita di un’industria della difesa europea e l’integrazione delle forze armate.

*economista,

già Sherpa G20 e direttore Ocse

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