Piove sul bagnato. Se c’è un settore fuori controllo quello è l’auto. Non è bastata l’attesa partenza degli ecoincentivi per dare una scossa visibile al mercato. Anzi, anche a giugno e non solo nel semestre, le vendite sono state inferiori al 2021. Ora si prospetta un razionamento dell’energia elettrica per far fronte al problema del gas russo e questo avrà ripercussioni sui veicoli elettrici che hanno già le loro notevoli difficoltà a decollare. Certo, almeno per il momento, il numero delle vetture di questo tipo non è rilevante, ma i consumatori che hanno saltato il fosse potrebbero non avere la pazienza per digerire altri disagi. Il problema, oltre che reale, è emotivo e sicuramente non è una buona cosa per il decollo della nuova mobilità. Lo tsunami non riguarda solo l’Italia, che da questo punto di vista è buon fanalino di coda, ma anche i paesi del Nord Europa che hanno un parco circolante a batterie molto più corposo del nostro, non solo in percentuale, ma pure in valore assoluto.
Filone fragile
Germania in testa che, oltre ad essere un riferimento economico ed un paese fortemente dipendente dal gas di Putin, è un colosso automotive, leader della mobilità ecologica per rispondere alla fuga in avanti della locomotiva cinese. Bisognerà vedere come verrà affrontato il dossier per percepire l’entità delle carenze, ma indubbiamente si va ad incidere su un filone già molto fragile. La diffusione dell’auto elettrica nel nostro paese è frenata dai costi elevati e dalla difficoltà per rifornire che può far scattare un autentica “ansia d’autonomia”, sindrome che fa passare la voglia di impugnare il volante.
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Calcoli sbagliati
Sarebbe veramente molto spiacevole e demotivante se i calcoli di ricarica per l’uso quotidiano risultassero sballati, costringendo a non usare un oggetto costoso il cui utilizzo si è cercato di incentivare. Spesso le utenze domestiche hanno 3 kW se non c’è la wallbox.
Razionalizzando l’uso notturno o per quantità o per tempo, come si può sperare di ricaricare una batteria che si avvicina a 100 kWh? Servirebbero quasi cento ore, circa una settimana lavorativa. E non si tratta di fare il pieno. Con una notte c’è il rischio che non si riesca a rifornire a sufficienza nemmeno per fare le poche decine di chilometri del giorno dopo. Eppure il conto alla rovescia è già iniziato, bisogna mettere in sicurezza le vetture che tutti i costruttori stanno progettando “zero emission” e che, giurano, nel 2030 costeranno molto meno di quelle tradizionali.
Cambiamenti climatici
Già ora, siamo solo nel 2022 la produzione delle vetture termiche è stata drasticamente tagliata tanto che non si trova una vetture nuova pagandola a prezzo pieno nonostante il mercato sia insignificante (da noi quest’anno sarà difficile arrivare a 1,2 milioni). È scontato che per avere l’auto a batterie che non ha emissioni qualcuno si spera si sia preoccupato dell’energia per rifornirla. E deve essere pure energia pulita, altrimenti hanno ragione i frenatori che il problema della CO2, dei cambiamenti climatici e pure dello scioglimento dei ghiacciai non verrebbe risolto ma solo insabbiato sotto al tappeto.
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