Obbligati a crescere, Gualtieri blinda il Recovery Fund: «Nessun veto lo fermerà». E i tecnici scendono a 100

Obbligati a crescere, Gualtieri blinda il Recovery Fund: «Nessun veto lo fermerà». E i tecnici scendono a 100
di Mario Ajello e Jacopo Orsini
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Venerdì 4 Dicembre 2020, 00:38 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 15:33

Una struttura più snella di quanto immaginato inizialmente, con meno di 100 tecnici ad aiutare i sei manager che dovranno attuare i progetti del Recovery Fund. È questo lo schema su cui si sta orientando il governo per la governance dei finanziamenti del piano di aiuti in arrivo dall’Europa per fronteggiare la crisi provocata dalla pandemia.

Le risorse dovrebbero essere concentrate su una selezione di 60 progetti. Il governo sta definendo i dettagli del piano che dovrebbe essere sul tavolo del Consigli dei ministri nei prossimi giorni per poi essere presentato al Parlamento. «Il testo è quasi pronto, lo vedrete a breve e lo potrete commentare», ha detto ieri mattina il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, parlando dell’architettura di gestione del Recovery Fund al webinar del ciclo “Obbligati a Crescere” organizzato da Caltagirone Editore e andato in streaming sui siti dei giornali del gruppo.

Deglobalizzazione, transizione energetica, impatto della pandemia e prospettive di una difficile ripresa al centro della discussione con un focus particolare sul Recovery Fund e sui finanziamenti in arrivo dall’Europa, su cui si è soffermato il titolare di Via XX Settembre.

Il veto di Ungheria e Polonia è «sbagliato» e verrà superato, ha sottolineato Gualtieri.

Nel negoziato «c’è uno stallo per un veto incomprensibile, sbagliato e improprio che non riguarda il dossier su cui i Paesi stanno mettendo il veto. Auspichiamo che verrà superato nel prossimo Consiglio europeo. Sono fiducioso che alla fine i due Paesi non riusciranno a bloccare il varo di un programma straordinario di cui beneficia tutta l’Europa», ha affermato Gualtieri. «Siamo alla vigilia di un passaggio delicato e importante, ma sono fiducioso che il 2021 sarà un anno storico», ha aggiunto il ministro.

Gualtieri ha quindi assicurato che «dopo un approfondito esame, l’Italia farà la sua parte. Se da una parte stigmatizziamo il veto improprio di un paio di Paesi» sul piano degli aiuti, «sarebbe davvero paradossale che fosse l’Italia a fare la stessa cosa». Anche sul Mes, il fondo Salva-Stati, lo scontro non si placa. E non c’è solo il fuoco contrario dell’opposizione. Anche nella maggioranza si litiga. «Sono fiducioso che anche questo passaggio delicato e difficile sarà superato», ha assicurato il ministro. Ma la tensione tra Pd e M5S è ancora al massimo. I pontieri comunque sono all’opera e in vista di mercoledì c’è ancora il tempo per trovare l’accordo che eviti l’esplosione della maggioranza in Senato, dove i numeri sono risicatissimi.


Non solo il numero dei grillini frondisti anti-Mes si sta assottigliando - «Io ho firmato quella lettera ma neanche l’avevo letta», c’è chi dice così pur di fare retromarcia - ma in più s’è trovato, e Palazzo Chigi è molto rassicurato, il punto d’incontro tra i rossogialli che andrà perfezionato nei prossimi giorni e che è questo: una mozione parlamentare che dica sì alla riforma del Mes come vuole l’Europa e che comprenda anche, come vuole M5S, l’esplicita puntualizzazione che per prendere o meno il Mes sanitario dovrà esserci un passaggio e un voto parlamentare. Questa è una sorta di rassicurazione per i grillini. E che potrebbe convincere i frondisti - alla fine meno di dieci in Senato - ad astenersi invece che a farsi esplodere, mandando a casa il governo ma anche se stessi. Nel caso la dissidenza stellata non venisse riassorbita, scatterà comunque una sorta di soccorso azzurro: una decina di berlusconiani alla Camera e cinque al Senato sarebbero già pronti ad uscire dall’aula al momento giusti per abbassare il numero legale. In più dal Gruppo Misto non solo gli ex azzurri come Quagliariello e Romani potrebbero dare una mano ma anche altri di provenienza stellata o centrista. Perciò Conte non vede sfracelli all’orizzonte.


Anche se la situazione interna ai 5Stelle non sembra affatto rassicurante. Come dimostra la scissione in seno al gruppo a Bruxelles: 4 su 14 eurodeputati M5S sono andati via, guidati dal siciliano Corrao, vicino a Di Battista. E sono andati via proprio in chiave anti-Salva Stati oltre che per la non condivisione generale della piega ormai non più casaleggista e movimentista ma partitica che ha preso M5S. 

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