Riduzione del debito, il piano
delle banche per il nuovo esecutivo
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Riduzione del debito, il piano delle banche per il nuovo esecutivo L'anteprima sul Messaggero Digital
di Andrea Bassi
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Sabato 14 Aprile 2018, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 07:41

Il tempo inizia ad essere una risorsa scarsa. Non solo per la crisi internazionale della Siria, ma anche per la crescita economica, come certificano i dati rilasciati ieri dalla Banca d’Italia e che danno segnali di rallentamento. E soprattutto per gli appuntamenti cruciali all’orizzonte, dal Consiglio europeo del 29 giugno sulla riforma dell’Ue, alla fine dell’acquisto di titoli pubblici da parte della Banca Centrale europea (il cosiddetto Quantitative easing). Insomma, i 2.286,5 miliardi di debito pubblico, potrebbero tornare sotto i riflettori dei mercati. Anche perché ridurre il debito solo con la crescita si sta rivelando complesso.

L’Italia paga interessi del 3% in media sui titoli emessi, e ha un Pil nominale che sale del 2,3%. Produce più debito che reddito. Un campanello d’allarme sarebbe scattato da qualche tempo nelle grandi banche italiane, il cui timore è che i tedeschi impongano regole che le obblighino a non considerare più privi di rischio i titoli pubblici che hanno in portafoglio. Così fosse, sarebbero costrette a vendere ingenti quantità di Btp, o ad accantonare risorse per coprirne i rischi, con effetti negativi sui bilanci. Non solo. Impedire alle banche nazionali di comprare Btp, renderebbe lo Stato più vulnerabile, perché ridurrebbe la quota del debito pubblico mantenuta nei confini nazionali, facendo salire quella detenuta all’estero. Ma in questo modo la nave Italia sarebbe più che mai in balia degli umori dei mercati. Per scongiurare questo scenario qualche grande banca si sarebbe detta disponibile a partecipare ad un’operazione «taglia-debito».

Un modo potrebbe essere quello di rispolverare il piano «Capricorn», già da tempo sul tavolo del Tesoro, e che prevede lo spostamento da Via XX Settembre alla Cdp di tutte le azioni delle grandi società pubbliche con la successiva emissione, da parte della stessa Cassa, di azioni privilegiate. L’altra strada, più rapida, sarebbe la vendita alle banche di una quota importante del patrimonio immobiliare pubblico mettendo in gioco anche le partecipazioni nel capitale della Banca d’Italia. La Cassa avrebbe un ruolo di valorizzazione e messa a reddito degli immobili per permettere poi alle banche di rientrare dell’investimento. 

GLI ABBOCCAMENTI
Qualche banchiere avrebbe anche già sondato su questi propositi i vertici del Movimento Cinque Stelle e della Lega. Che, del resto, nei loro programmi hanno già manifestato propositi simili. I Cinque Stelle, per esempio, hanno indicato un piano di riduzione in dieci anni del 40% del debito pubblico attraverso una serie di strumenti, uno dei quali molto simile al piano «Capricorn», con l’unica differenza che invece di azioni privilegiate, la Cassa dovrebbe emettere obbligazioni “scambiabili” con Btp. Il che significa che le banche potrebbero girare i loro titoli pubblici in portafoglio in cambio di nuovi bond targati Cdp.

Anche nel Centro-destra è stata presa in considerazione l’ipotesi di creazione di veicoli nei quali conferire asset pubblici da monetizzare. Progetti dei quali si discute da tempo, ma sempre rimasti sulla carta. L’eventuale discesa in campo delle banche potrebbe renderli operativi. Sempre che arrivi presto un governo.
 

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