Fusione Mondadori-Rcs, ora nessuno parla più di regime

di Giuliano da Empoli
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Lunedì 5 Ottobre 2015, 22:48 - Ultimo aggiornamento: 6 Ottobre, 16:56
C’è una cosa che colpisce, nel dibattito intorno all’acquisizione della Rizzoli Libri da parte della Mondadori. Ed è la scomparsa del “Caimano”. Provate a immaginare se l'operazione fosse stata annunciata qualche anno fa. Al centro della discussione non ci sarebbero state considerazioni di carattere aziendale o culturale. Si sarebbe levato immediato e possente il grido di dolore del fronte antiberlusconiano, il “no pasaràn” degli ineffabili portavoce del ceto medio riflessivo. Sembra di vederli: le denunce e i girotondi, gli scrittori imbavagliati e la solidarietà del teatro Valle okkupato, Umberto Eco, Nanni Moretti e Pancho Pardi; tutti in piazza Navona a denunciare le mani del “Caimano” sulla cultura, la fine della libertà di espressione, l'avvento del regime.



Oggi, al contrario, nulla di tutto ciò. Qualche mugugno, un paio di articoli malevoli, un generico sentimento da si stava meglio quando si stava peggio tra le scrivanie di qualche redazione e poco altro. Per il resto, un confronto civile basato su argomenti razionali.



C'è chi pensa che la nuova Mondazzoli sia un'opportunità per competere a livello internazionale e chi storce il naso di fronte ad una concentrazione senza precedenti, ma nessuno lancia anatemi o evoca il Ventennio. Sembra quasi di vivere nel Paese normale che un autore Mondadori sognava qualche anno fa: un luogo nel quale le decisioni aziendali rispondono a criteri di mercato e vengono valutate in quanto tali. Un Paese nel quale si può discutere di cultura, di media e di editoria senza precipitare immediatamente nella guerra civile delle barricate contrapposte.



Rispetto al passato sono cambiate due cose. La prima è legata al mondo dell'editoria. Dove anche i più prevenuti hanno capito che i grandi gruppi non hanno alcun interesse a rendere tutti uguali i singoli marchi e ancor meno a censurarli. Einaudi non ha certo cambiato linea entrando a far parte del colosso di Segrate, così come Bompiani, Adelphi e Marsilio hanno conservato le proprie, distinte identità pur facendo capo alla Rizzoli. Alla luce dell'esperienza degli ultimi anni, neppure il girotondino più incallito riuscirebbe a sostenere che i grandi gruppi editoriali rappresentino una minaccia per la libertà di espressione.



Il cambiamento principale, però, è avvenuto a livello politico. Berlusconi c'è ancora. Gli antiberlusconiani pure. Ma la frattura decisiva non passa più di lì. Il fuoco del dibattito si è spostato altrove e le categorie mentali cha hanno dominato l'intero arco della Seconda Repubblica sono finalmente esaurite. Ciò non significa che siano esauriti i problemi. Ma può darsi che d'ora in poi si riesca ad affrontarli in modo un po' più laico. Sulla base dei fatti, anziché delle ideologie.