L'Iran riprende la linea dura contro le donne che non indossano il velo, ragazza condannata a lavare i cadaveri per un mese

L'Iran riprende la linea dura contro le donne che non indossano il velo, ragazza condannata a lavare i cadaveri per un mese
di Franca Giansoldati
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Lunedì 17 Luglio 2023, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 17:08

Il sacrificio di centinaia di ragazze iraniane rese cieche per sempre dai proiettili e altrettante uccise, spesso dopo essere state stuprate, solo perché avevano osato non indossare il velo sfidando il diktat degli Ayatollah, sembra non sia servito a nulla. L'Iran purtroppo continua la sua politica di intolleranza e dopo dieci mesi dalla morte di Mahsa Amini, la studentessa di 22 anni, arrestata e ammazzata in carcere per non aver osservato correttamente il codice di abbigliamento previsto, ha rimandato la polizia morale a pattugliare per le strade, su tutto il territorio nazionale, per costringere le donne a rispettare i dettami islamici in pubblico. Una donna è stata condannata dal tribunale a lavare per punizione i cadaveri per un mese perché la sua sciarpa le era caduta sulle spalle mentre era al volante della sua macchina.

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Non sono servite le proteste interne, le pressioni internazionali, le denunce all'Onu. Evidentemente le autorità iraniane hanno scelto la linea dura che implica il non cedere di un millimetro verso un compromesso ritenuto rischioso per la tenuta del regime. E dire che la polizia morale era in gran parte scomparsa dalle strade iraniane dopo la morte di Mahsa Amini.

Saeed Montazer Al-Mahdi, portavoce della polizia nazionale, ha annunciato che «da oggi la polizia non avrà altra scelta che trattare legalmente con coloro che non sono a conoscenza del loro codice di abbigliamento e insistono nel violarlo. In caso di rifiuto di ascoltare la polizia, [le donne] saranno indirizzate alla magistratura». La nuova repressione, ha detto, mira a rafforzare le fondazioni familiari e rispondere alle richieste pubbliche, nonché alle richieste dei leader senior, tra cui il presidente Ebrahim Raisi.

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Intanto il nuovo corso restrittivo ha già fatto le prime vittime. Una donna nella città di Varamin, la cui sciarpa le era scivolata sulle spalle mentre guidava, è stata condannata a lavare i cadaveri per un mese. Anche la nota attrice Azadeh Samadi, che ha partecipato a un funerale indossando un berretto invece del velo, è stata condannata a frequentare lezioni di psicologia per la sua "malattia sociale".
 

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