Iran: «Il velo fondamento di civiltà, nessuna tolleranza per chi non lo indossa». Ecco i Paesi dove è obbligatorio

La nota ufficiale: «L'hijab e la castità dovrebbero essere tutelate per rafforzare le fondamenta della famiglia»

Iran: «Il velo fondamento di civiltà, nessuna tolleranza per chi non lo indossa». Ecco i Paesi dove è obbligatorio
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Venerdì 31 Marzo 2023, 11:53 - Ultimo aggiornamento: 11:54

Nessuna concessione in Iran. Il velo imposto alle donne non solo è un obbligo, ma rappresenta «uno dei fondamenti della civiltà della nazione iraniana» e «uno dei principi pratici della Repubblica islamica». Con una nota ufficiale il ministero dell’Interno di Teheran informa che «non c’è stato e non ci sarà alcun ritiro o tolleranza nei principi e nelle regole religiose e nei valori tradizionali». Sottolineando che «l’hijab e la castità dovrebbero essere tutelate per rafforzare le fondamenta della famiglia».

Le proteste

In Iran l’obbligo del velo va oltre la questione religiosa, poiché si è trasformato in un tema sociale e politico.

Nel Paese proseguono le chiusure di centri per servizi e negozi per il mancato rispetto della norma di indossare l’hijab per le dipendenti e le clienti, mentre le proteste contro le repressioni perpetrate dal regime non sono sopite. Lo scorso settembre Mahsa Amini, ventiduenne curda iraniana, è stata arrestata a Teheran dalla polizia morale perché era a capo scoperto. Picchiata brutalmente durante il trasferimento forzato nel centro di detenzione di Vozara, è morta tre giorni dopo innescando mobilitazioni della società civile dilagate su tutto il territorio nazionale. La protesta delle donne iraniane ha fatto breccia nelle università e nelle scuole superiori: in varie città del Paese le liceali si sono tolte il velo in pubblico, si sono tagliate i capelli e hanno manifestato per la morte di Mahsa Amini gridando «morte al dittatore», cioè la guida suprema Ali Khamenei.

Iran, il velo è «fondamento di civiltà, resta obbligatorio»

Simbolo politico

Nell’epoca pre-moderna lo hijab in Iran era addirittura vietato. Nel 1936 infatti l’allora regime dello scià Reza Pahlavi aveva emanato un decreto (Kashf-e hijab) che proibiva alle donne di indossare il velo e agli uomini imponeva di vestirsi con abiti più occidentali. Per far rispettare questa normativa, però, spesso le donne che portavano il velo subivano vessazioni. Cinque anni dopo Reza fu costretto ad abdicare e gli subentrò il figlio, Mohammad Reza Pahlavi, che eliminò il decreto del padre, lasciando piena libertà di scelta a chiunque per vestirsi come desiderato. Tuttavia le donne con il velo venivano comunque discriminate e la libertà di espressione non era certo difesa: chi lo indossava infatti poteva anche essere esclusa dagli incarichi pubblici. Il velo, in sostanza, non ha mai avuto una valenza esclusivamente religiosa ed è stato un simbolo politico, in questo caso contro il regime degli scià che voleva imporre un codice di abbigliamento più moderno e occidentale. Le prime lotte delle donne non sono state sul velo in sé, quanto contro il fatto che uno Stato debba decidere come i propri cittadini devono vestirsi.

Dove è obbligatorio

Non è solo l’Iran a imporre lo hijab, il velo è obbligatorio anche in Arabia Saudita, in Pakistan e in Afghanistan, dove nel 2022 i talebani hanno ordinato alle donne di indossare il burqa in pubblico. Il decreto specifica inoltre che chi non ha nulla di rilevante da fare, farebbe meglio a restare a casa. «Le donne che non sono né troppo giovani né troppo anziane - è scritto - dovrebbero velarsi il viso di fronte a un uomo che non è un membro della loro famiglia», per evitare provocazioni. E se non hanno un compito importante da svolgere all’esterno, è «meglio che rimangano a casa». Per chi contravviene alla regola del velo che copre tutto tranne gli occhi, scattano le punizioni, anche per i tutori. Shir Mohammad, funzionario del ministero dei vizi e delle virtù, ha spiegato: «Le donne che non lo indossano devono essere identificate e punite, i loro tutori vanno condotti al dipartimento competente per spiegazioni, incarcerati per tre giorni e processati». Quanto all’Arabia Saudita, la scelta del guardaroba femminile è molto limitata e le donne devono indossare l’abaya, un lungo vestito che arriva fino ai piedi, e il velo islamico. Negli anni è stato concesso un margine di libertà sul colore.

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Tipologie

L’hijab è il velo più diffuso e anche quello più conosciuto in occidente. Si tratta di un drappo che copre il capo, il collo, le orecchie e lascia scoperto il volto e le spalle. Può essere di diversi tessuti e colori, il termine significa «protezione, copertura». L’al-amira invece è un velo a due pezzi, composto da un copricapo aderente indossato insieme a una sciarpa che si avvolge attorno al collo e sulla testa. Il chador viene indossato specialmente in Iran dalle donne quando sono fuori casa: si tratta di un velo molto più lungo dell’hijab, copre tutto il corpo ma lascia libero il volto. Il khimar è un lungo velo simile a un mantello che scende appena sopra la vita, ma può arrivare alle spalle o fino alle caviglie. Copre completamente i capelli, il collo e le spalle lasciando il viso scoperto. Il niqab è un velo molto diffuso in Arabia Saudita, che lascia scoperti solo gli occhi, coprendo il capo e il resto del viso. Solitamente è composto da una stoffa leggera che copre naso e bocca, mentre un altro velo più grande avvolge il capo e buona parte del busto. Il fatto che restino scoperti gli occhi lo differenzia dal burqa, che copre completamente il corpo della donna e presenta un tessuto traforato - come una sorte di retina - all’altezza degli occhi poterle permettere di vedere. Si tratta dell’abito dalle origini più controverse, dato che il Corano parla genericamente di un velo ma in questo caso la donna risulta interamente coperta e secondo alcuni sarebbe quindi un’interpretazione particolarmente restrittiva nata sulla base di convenzioni culturali. Alcuni Paesi del mondo hanno assunto posizioni dure nei confronti del velo. L’Austria (nel 2017) e la Danimarca (nel 2018) hanno bandito il velo integrale, mentre il Belgio (dal 2010), la Francia (dal 2010) e la Bulgaria (dal 2016) vietano di indossarlo in pubblico.

 

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