Riccardo De Palo
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di Riccardo De Palo

"Il club dei delitti del giovedì" di Richard Osman: «Quei vecchietti detective amati da Spielberg»

"Il club dei delitti del giovedì" di Richard Osman: «Quei vecchietti amati da Spielberg»
di Riccardo De Palo
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Domenica 25 Ottobre 2020, 16:40 - Ultimo aggiornamento: 16:46

Il club dei delitti del giovedì” è un giallo incalzante e pieno di humour, nato dalla penna di un autore britannico e atipico come Richard Osman, conduttore di quiz tv della Bbc, alla maniera di Insinna o Amadeus, e da sempre avido lettore di crime novel.  Un romanzo dominato (alla Malvaldi) da un gruppo di arzilli vecchietti detective. «Ho passato il lockdown scrivendo - dice al telefono con perfetta dizione british - mi aiutava avere una routine giornaliera, avere qualcosa da fare: a Londra l’atmosfera era molto brutta». 

Immagino stia scrivendo il sequel. Ho letto di centrotrentamila copie in dieci giorni...

«(Ride, ndr)  Credo siano diventate centosettantamila, è stata una cosa folle, bellissima. Ora è naturale scrivere il secondo libro, perché la gente se lo aspetta.  Vorrei che "Il club dei delitti del giovedì" sia letto in tutto il mondo».

Il suo è stato un successo incredibile. Come se lo spiega?

«Credo che il 2020 sia stato un anno durissimo, per tutti noi. Nessuno poteva immaginare cosa il futuro ci avrebbe riservato. E credo che "Il club dei delitti del giovedì" sia un libro molto efficace, divertente, che ti fa ridere e piangere, ma contiene anche un avvincente caso da risolvere, permette di farti evadere dalla realtà. Credo sia piaciuto perché fa bene all’anima, in questo anno molto difficile. Inoltre, tutti amano i mystery, no?»

Lei ha detto una volta che si tratta di un libro “molto, molto britannico”.

«Sì, è molto britannico e contiene tanti riferimenti al Regno Unito; anche per questo, quando ha cominciato a vendere in America e in Italia, ne sono stato felice. Ma i temi del romazo sono universali: i personaggi di questo libro sono tutti ultra settantenni e in Italia ci sono tanti anziani, ogni famiglia è dominata da qualcuno di questi incredibili vecchietti: è facile provare empatia». 

Nel suo libro, appunto, un gruppo di anziani pensionati in una casa di riposo formano un club e si riuniscono per risolvere cold case del passato, finché si ritrovano il delitto proprio davanti ai loro occhi. Qual è il suo personaggio preferito?

«I due personaggi femminili: Elizabeth, che in passato era stata un agente segreto, una donna con un’intelligenza molto strategica, che sa come coinvolgere gli altri per aiutarla a risolvere casi complicati. E Joyce, che prima faceva l’infermiera: è molto più calma e timida, ma anche la più determinata ad arrivare a una soluzione». 

Nel libro ci sono altri personaggi maschil, della stessa età, ma anche due agenti, un uomo e una donna. Come mai?

«Amo scrivere di persona anziane, ma non volevo scrivere un libro soltanto per dire quanto sono meravigliosi i settantenni: ho cercato di raccontare il mondo reale attorno a loro, le brutte cose che succedono. Mi piace il modo in cui i poliziotti interagiscono con loro: sottostimano sempre le capacità degli anziani, mentre invece sono i vecchietti a manipolarli, a far loro fare quello che vogliono. Tra una ragazza di ventisette anni e una donna di 75, tra generazioni così distanti, può anche nascere un sentimento di amicizia; c’è bisogno di questo, nella nostra società». 

Questo suo primo libro diventerà un film di Steven Spielberg: è il sogno di qualunque aspirante scrittore. Cosa ha provato quando lo ha saputo?

«(Ride, ndr) ero sotto choc. Quando ho appreso la notizia ero molto sorpreso, ma anche felice: quando scrivi un libro ti preoccupi di come sarà accolto dai lettori, ma sapere che uno come Spielberg l’ha letto e gli è piaciuta la storia e i personaggi, al punto di volerne fare un film, ti infonde una grande fiducia. Se è piaciuto a lui, che ha tanto gusto nel raccontare storie...»

Lavorerà attivamente alla produzione di questo film?

«No, credo che mi concentrerò nella scrittura del prossimo libro.

Bisogna fidarsi dei professionisti, e  non riesco a immaginare nessuno più capace di Spielberg nel campo del cinema».

L’edizione italiana è appena stata pubblicata. In quanti paesi ha venduto i diritti del suo libro?

«Ah, well. Credo che ormai siamo arrivati a trenta. Francia, Germania, Russia, Cina, Stati Uniti, Brasile… è un libro così britannico, una sorta di giallo alla Agatha Christie, e immaginare che cinesi e russi lo leggano con interesse è qualcosa di fantastico».

Ha mai sentito parlare di Malvaldi e i delitti del BarLume? L’idea di fondo dei vecchietti detective, in fondo, è la stessa del suo libro.

«No, veramente: è incredibile».

Lei è anche un famoso presentatore della Bbc. Che cosa l’ha spinta a scrivere un romazo del genere?

«Sono sempre stato anche uno scrittore, ho cominciato la mia carriera televisiva come autore. Amo la crime fiction e ho sempre letto romanzi di questo tipo. Ma non sapevo che ci volesse tanto tempo, che fosse così difficile. Quando mi è venuta questa idea, ho impiegato un paio di mesi in cui non dovevo comparire in tv per buttare giù le prime pagine. Mi sono reso conto che funzionava e ho continuato, tra un lavoro e l’altro. Per finirlo ci ho messo un paio di anni».

Quali sono i suoi autori di riferimento?

«Agatha Christie, naturalmente, la regina di questo genere. Patricia Highsmith, tutti i suoi libri, anche quelli ambientati in italia. E Scrittori britannici come Ian Rankin...»

Anche umoristici? Leggendola viene da pensare a Graham Greene.

«Oh, lo amo molto, ma non mi comparerei mai a dei geni assoluti come lui. Mi piace la sua scrittura, così come adoro P. G. Wodehouse,  e un’autrice scozzese, Muriel Spark».

Come ha scelto questa ambientazione, una casa di riposo di lusso nella campagna del Kent?

«Sono stato in un posto simile a trovare la madre di una mia amica: era un luogo così bello e pacifico, una comunità di persone ultrasettantenni. Erano tutti così interessanti: bevevano, si raccontavano pettegolezzi, si divertivano. Ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto raccontare un gruppo di persone così: con tutto quel tempo a disposizione, certamente avrebbero cercato di risolvere qualche omicidio. Era il libro che avevo sempre desiderato scrivere».

Lei sa già quali attori interpreteranno il film tratto dal suo libro?

«Sicuramente Spielberg sceglierà per il meglio. Ma, certo, molti lettori amano suggerire delle star, da Maggie Smith a Judi Dench. Gli americani, magari, pensano invece a Diane Keaton o Michael Douglas. Ma per me questi personaggi sono reali, esistono davvero nella mia testa (lo so, è una cosa così terribilmente da “autore” da dire).  Per me Elizabeth, Ibrahim, Ron, esistono davvero». 

Sta lavorando in tv in questo momento?

«Ho due quiz show quotidiani e quindi sì, sto molto in televisione in questi giorni. Ma il mio proposito è di lavorare in tv e, contemporaneamente, dedicare metà del tempo a scrivere libri. Ma voglio continuare a fare anche tv, perché è molto divertente».

Essere un volto noto l’ha aiutata a vendere copie, immagino.

«Sì certo, almeno nel Regno Unito. Ma mi ha sopreso il successo all’estero, dove nessuno mi conosce. In America, per esempio».

In un giallo è più importante la risoluzione del caso, l’ambientazione, o la caratterizzazione dei personaggi?

«Bella domanda. La cosa bella dei gialli è intravedere la soluzione, intuirla. Ma come presentatore televisivo, mi piace cercare di intrattenere più persone possibile, mentre si avvicinano alla soluzione del caso. Voglio divertirli in ogni singola pagina. In televisione si può cambiare canale o spegnere la tv, in qualsiasi momento; per questo bisogna intrattenere il pubblico, curare ogni singolo aspetto della storia». 

Intrattiene i lettori in questo modo anche durante le presentazioni?

«Amo incontrare i lettori e appena sarà possibile voglio venire in Italia, magari per il prossimo libro. Il vostro è il paese che preferisco al mondo, e sarei felicissimo che il mio libro sia gradito anche ai lettori italiani». 



 

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