Orsa Amarena, che cosa rischia chi l'ha uccisa? Il precedente del 2014 sempre in Abruzzo

Nove fa un caso con molte somiglianze con quello di San Benedetto dei Marsi

Orsa Amarena, che cosa rischia chi l'ha uccisa? Il precedente del 2014 sempre in Abruzzo
di Mario Landi
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Sabato 2 Settembre 2023, 13:48 - Ultimo aggiornamento: 14:24

Uccisione dell'orsa Amarena: chi spera in una pesante condanna di chi ha sparato a quell'esemplare rarissimo di "marsicano" (dai 60 ai 70 esemplari al mondo), trucidato a colpi di fucile, può probabilmente cominciare ad abbassare le aspettative. Uno degli scenari più plausibili lascia capire che la morte dell'orsa possa essere "saldata" con poche migliaia di euro.

Il codice penale

Con tanti saluti - ad esempio - all'articolo 544 bis: "Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni", e ter  del  codice penale, ovvero "Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale".

Le indagini

Detto che l'episodio deve ancora essere ricostruito in tutti i suoi aspetti e che Andrea Leombruni, il 56enne macellaio e cacciatore di San Benedetto dei Marsi che ha riferito di avere sparato "perché spaventato" e perché l'orsa "aveva ucciso le sue galline", esiste tuttavia un precedente che sembra una stampa e una figura con questo. Basta tornare al 2014 e spostarsi dal versante marsicano della provincia dell'Aquila a quello dell'Alto Sangro, stessa provincia, a poco più di un'ora d'auto.

Nove anni fa a Pettorano sul Gizio, sempre in settembre, l'allora 67 Antonio Centofanti, ex operaio dell’Anas, uccise a colpi di fucile un orso che aveva attaccato il suo pollaio (che non risultò a norma, controlli sono in corso anche su quello di Leombruni). Il pensionato disse che si era spaventato, che era caduto all'indietro ferendosi alla testa e che dal suo fucile era partito un colpo rivelatosi poi fatale per l'orso. Insomma, due episodi fotocopia.

Ebbene, come scrisse Sonia Paglia sull'edizione abruzzese del Messaggero, in primo grado l'ex operaio venne assolto, mentre in Appello, con successiva conferma della Cassazione, venne ritenuto responsabile "ai fini civili dei reati a lui ascritti e condannato al risarcimento dei danni a favore della Lav-Lega Anti vivisezione, Organizzazione regionale Pro Natura Abruzzo, Wwf, associazione Salviamo l’Orso e Pnalm, da liquidarsi, in separata sede, concedendo una provvisionale pari a 3mila euro a Pro Natura e Pnalm".

Centofanti, inoltre, dovette rifondere le spese processuali del doppio grado di giudizio. Il procedimento di primo grado del 10 aprile 2018, aveva chiarito che l’animale, che aveva predato alcune galline di proprietà dell’imputato, era stato colpito a morte dai colpi esplosi da un fucile da caccia, utilizzato dall’uomo: l'uomo era stato tuttavia assolto. La causa civile, che vede coinvolto anche il Parco Nazionale d'Abruzzo, è ancora in corso.

Le scenario giuridico

Ma altre all'articolo 544 del codice penale quali altro scenari giuridici sono ipotizzabili, sempre detto che le indagini sulla morte di Amareno sono appena iniziate? 

Come ha ricordato più volte anche Dante Caserta, responsabile legale e vice presidente di Wwf Italia, c'è la legge 157 di tutela della fauna, che regolamenta la caccia, con l'articolo 30 (sanzioni penali): "Arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda da lire 2.000.000 a lire 12.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone sardo". 

Si tratta tuttavia di un reato contravvenzionale, ovvero che il condannato può chiedere di applicare l'oblazione pagando la metà del massimo della pena per estinguere il reato. 

Inoltre il massimo della pena, tornando all'articolo 544, è assai raro che venga applicato il massimo della pena anche perché la maggioranza dei rinviati a giudizio è incensurata.

A ogni modo, si legge sempre sul Messaggero Abruzzo, sul caso di Pettorano sul Gizio il 

Wwf Italia scrisse  in una nota rilasciata da Dante Caserta. «Siamo molto soddisfatti per la decisione al di là della vicenda specifica e della persona coinvolta, si tratta di una conferma importante, che deve far capire a tutti, che la tutela della fauna altamente protetta, come l’ orso bruno marsicano, non può essere messa a rischio da comportamenti irresponsabili o addirittura criminali. La possibilità di convivenza tra la fauna selvatica, in primis i grandi predatori come l’ orso e il lupo e le attività umane è un dato acclarato, che si basa su decenni di esperienze attuate con successo sul campo, come accade nel Parco d’Abruzzo».

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