Il lancianese Remo Rapino ha vinto il Premio Campiello. «Felice per Bonfiglio Liborio, il mio "cocciamatte"»

Il lancianese Remo Rapino ha vinto il Premio Campiello. «Felice per il mio "cocciamatte"»
di Antonio Di Muzio
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Sabato 5 Settembre 2020, 23:33 - Ultimo aggiornamento: 23:59
Remo Rapino, con il romanzo "Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio" (Minimum Fax), ha vinto la 58esima edizione del Premio Campiello, organizzato dalla Fondazione Il Campiello - Confindustria Veneto. Il libro vincitore, annunciato questa sera sul palco di Piazza San Marco a Venezia, ha ottenuto 92 voti sui 264 inviati dalla Giuria dei Trecento Lettori Anonimi.



Al secondo posto si è classificato Sandro Frizziero con "Sommersione" (Fazi Editore), con 58 voti, al terzo Ade Zeno con "L’incanto del pesce luna" (Bollati Boringhieri) con 44 voti, al quarto Francesco Guccini con "Trallumescuro. Ballata per un paese al tramonto" (Scrittori Giunti) con 39 voti, e al quinto posto Patrizia Cavalli con "Con passi giapponesi" (Einaudi), con 31 voti. Remo Rapino ha dichiarato: «Dedico questo Campiello a mio padre che nasce nel 1926 e muore nel 2010 e lo faccio nascere e uscire dal mondo come Liborio. Questa sera mancava solo lui, avrei davvero voluto che ci fosse. Liborio è una voce che, raccontando se stesso, racconta un secolo di storia e lo fa da una periferia esistenziale e dà voce a quelli che non hanno voce, agli ultimi della fila, agli emarginati».



Dal palco, sollecitato dalle domande della giornalista Cristina Parodi, conduttrice della cerimonia finale, Remo Rapino, che ha insegnato filosofia nei licei, vive a Lanciano dove è nato nel 1951 (ha pubblicato i racconti “Esercizi di ribellione” Carabba 2012 e alcune raccolte di poesia, tra cui “La profezia di avafis” Moby-dick 2003 e “Le biciclette alle case di ringhiera” Tabula Fati 2017) è al suo secondo romanzo ed è autore di poesie e racconti, ha detto del personaggio del suo romanzo: «Credo che Bonfiglio Liborio sia una figura simbolica che può vivere in ogni parte del mondo: rovescia le certezze. I "matti" colgono al di là della superficie delle cose, comprendono il mondo da una prospettiva periferica. E Bonfiglio Liborio è in tal senso una figura simbolica, a metà tra Don Chisciotte e Forrest Gump». Liborio Bonfiglio è una "cocciamatte", il pazzo che tutti scherniscono e che si aggira strambo e irregolare sui lastroni di basalto di un paese che non viene mai nominato. Eppure nella sua voce sgarbugliata il Novecento torna a sfilare davanti ai nostri occhi con il ritmo travolgente e festoso di una processione con banda musicale al seguito. Perché tutto in Liborio si fa racconto, parola, capriola e ricordo: la scuola, l’apprendistato in una barberia, le case chiuse, la guerra e la Resistenza, il lavoro in fabbrica, il sindacato, il manicomio, la solitudine della vecchiaia. A popolare la sua memoria, una galleria di personaggi indimenticabili: il maestro Romeo Cianfarra, donn’Assunta la maitressa, l’amore di gioventù Teresa Giordani, gli amici operai della Ducati, il dottore Alvise Mattolini, Teté e la Sordicchia... Dal 1926, anno in cui viene al mondo, al 2010, anno in cui si appresta a uscire di scena, Liborio celebrerà, in una cronaca esilarante e malinconica di fallimenti e rivincite, il carnevale di questo secolo, i suoi segni neri, ma anche tutta la sua follia e il suo coraggio».
Attraverso il miracolo di una lingua imprevedibile, storta e circolare, a metà tra tradizione e funambolismo, Remo Rapino ha scritto un romanzo che diverte e commuove, e pulsa in ogni rigo di una fragile ma ostinata umanità, quella che soltanto un matto come Liborio, vissuto ai margini, tra tanti sogni andati al macero e parole perdute, poteva conservare. 
Tre anni fa era stata la teramana di ArsitaDonatella Di Pietrantonio, con il suo terzo romanzo L'Arminuta (Einaudi) a vincere il prestigioso Campiello, ambientato in Abruzzo; il titolo è un termine dialettale traducibile in “la ritornata”. Il libro approfondisce il tema del rapporto madre-figlio nei suoi lati più anomali e patologici. Nel 2019, dal romanzo è stato tratto uno spettacolo teatrale prodotto dal Teatro Stabile d'Abruzzo.
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