Gran Sasso, la Regione rafforza i vincoli: con la zona speciale di conservazione sviluppo più difficile

La delibera firmata dall'assessore Imprudente: "Niente divieti per il piano approvato nel 2004". Pietrucci: "E' la morte della montagna". Faccia: "Tutte le valutazioni ambientali saranno più stringenti"

Gli impianti del Gran Sasso
di Stefano Dascoli
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Sabato 20 Gennaio 2024, 10:32

L’AQUILA - Con una delibera approvata il 28 dicembre dalla giunta, la numero 953 del 28 dicembre scorso, la Regione ha convertito il sistema montano del Gran Sasso da Sic (Sito di interesse comunitario) a Zona speciale di conservazione (Zsc), il massimo grado di protezione ambientale previsto dalle norme europee. Il che renderà ancora più complicato qualsiasi tentativo di sviluppo dell’area, non solo per gli impianti sciistici, ma anche per i progetti più legati alla natura come sentieri, rifugi, piste per le bici.

Tecnicamente l’atto sancisce di esprimere l’adesione al decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica con cui 33.995 ettari del Gran Sasso diventano Zsc che prevede non solo la tutela assoluta dell’esistente, ma anche il ripristino degli habitat naturali di particolare interesse.

Una conversione dovuta: la “Direttiva Habitat” prevedeva la trasformazione entro sei anni, a causa dei ritardi l’Europa ha aperto una procedura d’infrazione. Il pre-Sic in Abruzzo risale al 2000, poi nel marzo 2005 un decreto ha istituito un unico Sic di 35 mila ettari. In questi lunghi anni, nonostante le battaglie portate avanti dalle associazioni e le innumerevoli promesse della politica, non si è riusciti a riperimetrare il Sic che insiste fin dalla sua istituzione su aree fortemente antropizzate. 

LE RIPERCUSSIONI

La delibera, firmata dall’assessore regionale ai Parchi, il leghista Emanuele Imprudente, dal dirigente del servizio Foreste e Parchi, Sabatino Belmaggio, e dal direttore del Dipartimento Agricoltura, Elena Sico, è destinata a provocare un terremoto, anche a livello politico.

Nell’atto si salvaguarda, in virtù di un parere del Ministero dell’Ambiente chiesto nello specifico, il Progetto Speciale Territoriale “Scindarella - Montecristo”, approvato nel 2004 per la realizzazione di nuovi impianti, perché, si legge, già vigente al momento dell’emanazione, nel 2007, del decreto ministeriale con cui sono stati varati i criteri per la definizione di Zps e Zcs. Teoricamente, dunque, l’intervento non sarebbe assoggettabile ai divieti. In realtà, però, la Zona speciale di conservazione prevede di sottoporre a Vinca (Valutazione incidenza ambientale) gli interventi in modo molto più specifico e puntuale e dunque la realizzazione del piano appare a dir poco complessa.

Anche perché, va ribadito, nell’area vigevano pre-Sic già dal 2000 e quindi il rischio di un eventuale contenzioso è alto. L’Asbuc di Assergi ricorrerà al Tar contro la delibera approvata dalla giunta regionale il 28 dicembre.

LE REAZIONI

Nel frattempo Pierpaolo Pietrucci, consigliere regionale del Pd che ha sollevato per primo la questione, parla di un «fatto gravissimo che coinvolge Fonte Cerreto, Fonte Vetica, Prati di Tivo, l’Aquilano e il Teramano»: «Il Gran Sasso così è morto, ogni ipotesi di valorizzazione è sepolta ed è assurdo che l’abbia fatto proprio il centrodestra che a chiacchiere ha sempre sbandierato lo sviluppo. Dopo quanto accaduto per la funivia (lo stop temporaneo per presunte criticità sulle funi, ndr) ora anche questo: è la morte definitiva della nostra montagna. Chiunque avrebbe potuto fare la trasformazione, ma non è mai stato fatto nonostante la procedura d’infrazione, proprio per non vanificare ipotesi di sviluppo. Bisognava ridurre la Zsc a un’area circoscritta».

Di parere opposto l’assessore che ha firmato l’atto, Emanuele Imprudente: «A livello normativo cambia poco, l’aspetto positivo è che il Ministero dice a chiare lettere che il piano di sviluppo Scindarella - Monte Cristo è esente dai divieti e questo costituisce un fatto di primaria importanza per lo sviluppo». Luigi Faccia, consigliere comunale aquilano delegato alla montagna, è meno ottimista: «Siamo molto preoccupati, la Zsc è il principale strumento europeo per la protezione della biodiversità. Non solo, prevede addirittura il ripristino degli habitat. La trasformazione avalla il principio che tutto il Sic è di particolare valenza naturalistica, cosa che fa sorridere. Adesso la valutazione di incidenza ambientale sarà più puntuale, sarà sito-specifica, sarà più complesso fare gli screening su carta. Abbiamo dubbi che il Piano Speciale territoriale possa essere salvaguardato perché nel 2000 c’erano già i P-Sic». 

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