L'eliambulanza del 118 poi lo trasporterà a Pescara, dov'è attualmente ricoverato, fuori pericolo, nel reparto di Pediatria. I dettagli iniziano a circolare qualche ora dopo dall'accaduto, alcuni testimoni raccontano: «C'era un angelo di colore, è stato il primo a effettuare il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, poi si è dileguato dicendo al padre del bambino e alla bagnina di continuare». È così scattata la ricerca per ringraziarlo. Il 35enne vive a Pescara, era venuto a Casalbordino cercando di vendere qualcosa in spiaggia per arrotondare il suo lavoro nei campi. È uno di quei giovani il cui nome è annotato negli uffici prefettizi sotto la voce "Migrante economico", il suo permesso di soggiorno era in scadenza proprio in quei giorni, per questo si è allontanato temendo l'arrivo delle forze dell'ordine, come conferma il sindaco di Casalbordino Filippo Marinucci: «Il permesso scadeva proprio quel giorno, ma lui aveva già fatto richiesta di prolungamento e il 10 novembre tornerà a verifica. Siamo in contatto con la questura di Pescara e sosterremo la sua causa; farò un encomio per questo ragazzo – e la bagnina – cercando di aiutarlo».
«Quello che ha fatto è stato fondamentale, vorremmo andare a trovarlo in ospedale», chiosa Marinucci, medico prima che sindaco, che ieri ha ricevuto in Comune il giovane. Dijbril oggi il 35enne è stupito dall'eco del suo gesto spontaneo. «Io passavo – racconta – e ho visto la bagnina portarlo fuori dall'acqua e metterlo a terra. La bagnina poi è andata a prendere il cellulare per chiamare il 118 dicendo che nessuno doveva toccarlo, ma io non ho aspettato perché io sapevo fare il massaggio cardiaco. In Senegal ce lo insegnano da quando siamo piccoli, dai primi anni di scuola. La cosa più importante è che il bambino ora sta bene, quella è la cosa più importante». La speranza di Djibril ora è quella di normalità: «Io voglio, voglio, rimanere in Italia e voglio lavorare, ma mi manca la cosa più importante, il permesso di soggiorno almeno di un anno perché dove vado a chiedere di lavorare me lo chiedono, ma non ce l'ho ancora».
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