Viterbo, il dramma dei bar: «Tra sei mesi vedranno i cadaveri delle nostre aziende»

Viterbo, il dramma dei bar: «Tra sei mesi vedranno i cadaveri delle nostre aziende»
di Luca Telli
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Mercoledì 1 Aprile 2020, 08:20
«Ultimi a riaprire, primi a morire». Una profezia che con il passare dei giorni, per i baristi, assume il sapore di una verità difficile da controbattere. La ripresa, e un ritorno alla normalità, per i bar è una chimera. Insieme ai dubbi cresce la paura: quella del fallimento. Per tutti, parla Simone Tribuzi, titolare del Bar Mama’s nella frazione di La Quercia. Colazioni, pranzi veloci, aperitivi e sei dipendenti che ora rischiano di finire a spasso.

«Riusciremo a riaprire, ne sono sicuro. Se tutti insieme non lo so, di sicuro farò il possibile e l’impossibile per riuscire a mantenere a tutti il posto di lavoro - dice - Appena uscito il decreto ho fatto domanda per la cassa integrazione, per ora non è arrivato niente e i dipendenti non possono andare avanti senza soldi»
Tre settimane di chiusura forzata hanno pesato sulle casse, eroso il bilancio e azzerato la liquidità degli imprenditori. Le misure applicate dal governo Conte, bocciate su tutti i fronti.

«Non è con seicento euro che si risolve la questione – dice Tribuzi – le spesa fisse vanno comunque affrontate». Perché, nel frattempo. le bollette continuano ad arrivare. «Enel e Talete hanno assicurato che non staccheranno le utenze in caso di morosità ma le somme vanno comunque pagate – continua – senza lavorare è difficile trovare i soldi. Che cosa penso? Che così stanno condannando a morte un paese che, in larga parte, si regge sulla piccola impresa».

Per la fine dell’emergenza, la previsione di Tribuzi scavalla l’anno. «Hanno detto che, finito il lockdown, bisognerà continuare a girare con mascherine e guanti – continua -. Saranno quindi vietati li assembramenti. Io, da cliente, non mi vedo in un bar a prendere il caffè con la mascherina. O si svegliano, o tra sei mesi faranno la conta delle aziende morte per strada». La soluzione, per Tribuzi, è immettere liquidità direttamente nelle mani degli imprenditori bypassando, quanto più possibile, la macchina burocratica. «Solo facendo così abbiamo qualche possibilità di salvarci», conclude.

Come lui la pensa anche Andrea Ciancolini, titolare del Caffè Grandori di Piazza della Rocca. «Fino a quando i fornitori riusciranno a posticipare i pagamenti il settore terrà – scrive sulla sua pagina Facebook – nel momento in cui, per forza di cose, dovranno a loro volta rispondere: quello sarà il momento in cui salterà il coperchio».
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