Il gioielliere Bracci: «Ho reagito ai rapinatori sparando, lo rifarei. Non possiamo sempre subire»

Il blitz dei carabinieri per l'arresto dei rapinatori a Montalto
di Giorgio Renzetti
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Domenica 18 Marzo 2018, 13:10 - Ultimo aggiornamento: 16:14

«Ho ripensato tanto a quei momenti della rapina, sono tre notti che non dormo. Al fatto che avrei potuto sparare a lui, invece che in aria, e che sono stato tentato di farlo... Alla fine è andata bene, non ci siamo fatti male, ma sono convinto di aver fatto bene a reagire. Tutto l’affetto e la solidarietà ricevuti dopo l'episodio me lo conferma». Bernardino Bracci, conosciuto come Dino, è il proprietario della gioielleria rapinata mercoledì scorso, in piazza Verdi a Viterbo, pochi minuti prima della chiusura per la pausa pranzo. I due rapinatori, un campano di 42 anni già noto per precedenti specifici, e un giovane slovacco di 22 sono stati arrestati il giorno successivo dai carabinieri.
Nel drammatico racconto di quegli attimi, con quattro colpi di pistola esplosi, emergono la determinata spinta di Bracci a ribellarsi all’ennesimo sopruso, unita all’esortazione «a non girare la testa dall’altra parte».

Rifarebbe tutto?
«Penso di sì (risponde senza esitare, ndr) e lo farei anche per molto meno. Anche se non dovessi farlo per me soltanto».

E’ stato un atto di coraggio o una spacconata?
«Non lo so, ma so che ho cercato quasi da subito di essere attivo e collaborativo. L’ho osservato attentamente (parla di Salone, il malvivente armato, ndr) e gli ho fatto capire che se voleva ottenere qualcosa doveva trattare con me. Ho instaurato una mediazione, ho ripensato ai consigli di una psicologa, non sono stato passivo».

Non è facile, ha avuto un gran sangue freddo.
«Ripeto, non ci sto a subire e basta. Ho pensato alla mia famiglia, ai figli ma al tempo stesso che non poteva finire così, senza tentare qualcosa. Potevano prendersi tutti gli orologi, ma non quelli di mio padre (pezzi da collezione esposti in una vetrina, ndr), quello non lo avrei accettato».

Il rapinatore campano, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, sembre che dovesse essere ai domiciliari...
«L’ho sentito. A maggior ragione penso di aver agito bene reagendo. Perchè non deve essere così, tutti noi non possiamo pensare di non fare nulla perché poi un altro lo farà al posto nostro. E’ la nostra libertà che è in gioco. Io avrei potuto dire chissenefrega, prendete tutto e poi chiudo il negozio, non pago più tasse eccetera. E se facciamo tutti così?».

Ha avuto molti attestati di solidarietà?
«Tantissimi, è un continuo via vai di persone che telefonano, vengono in negozio, centinaia di messaggi al telefono e sui social, poi i colleghi del centro. Devo ringraziare tutti, come i carabinieri e la polizia che sono stati molto professionali». 

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