«Noi corriamo, ma la crisi va più veloce». E, cosa peggiore, guadagna metri ogni giorno: spedita, feroce e senza apparenti segni di cedimenti. «Abbiamo riserve e magazzini pieni grazie alla generosità di migliaia di persone – spiega Domenico Arruzzolo, presidente dell’emporio I Care di Santa Barbara -. Ma siamo all’inizio di una salita più ripida e difficoltosa di quanto non sia stato il Covid». Un confronto, quello con la pandemia «che non regge neppure se paragonato ai mesi più duri» ed i cui primi segnali sono concretissimi vuoti sugli scaffali. Spiega Arruzzolo: «Scarseggiano olio, farina, latte a lunga conservazione e zucchero, prodotti che ci arrivano in gran parte dal banco alimentare e da dove le spedizioni sono diminuite del 50%: da venti quintali mensili di generi alimentari siamo passati a dieci».
Il motivo, nella necessità che ha il banco di far fronte all’aumento generalizzato delle richieste da parte delle varie Caritas e associazioni di volontariato distribuite sul territorio.
«In parte ce lo aspettavamo perché la pressione sulle famiglie sta aumentando ovunque – continua Aruzzolo -, non con questa rapidità». Uno stop che costringe l’Emporio a trovare forme alternative per tenere le riserve sopra al livello di guardia: dal potenziamento della raccolta all’esterno dei supermercati all’autofinanziamento attraverso cene di beneficienza.
«Facciamo del nostro meglio ma intanto le richieste aumentano – continua -. A settembre abbiamo ricevuto 45 nuove domande di accesso al servizio e non era mai successo».
«Non era mai successo», ripete sottovoce Arruzzolo, e basterebbe questo a sintetizzare il momento «ma purtroppo non è tutto qui, oltre alle 250 famiglie a cui l’Emporio offre aiuto ce ne sono 25 famiglie in coda che aspettano di poter usufruire della struttura ed alle quali speriamo di dare una risposta quanto prima».
Spiega Arruzzolo: «La mappa dei nuovi poveri è differente da quella che normalmente ci si potrebbe aspettare. Il caro energia sta avendo un impatto dirompente: c’è chi deve scegliere tra mangiare o pagarle, tra mangiare e scaldarsi, è qualcosa che sembrava impossibile e che invece si sta verificando».
La forza dei volontari, il sostegno da parte di fondazioni, privati, del Comune e della collaborazione della rete delle associazioni benefiche, permette di mantenere un equilibrio che però è sempre più precario. «Ora come ora la rete solidale ha cambiato faccia, non è più un primo soccorso alle famiglie ma un autentico ammortizzatore sociale. Possiamo reggere ma solo con il sostegno e la collaborazione di tutti. Anche perché c’è un dato ancora più preoccupante: quel sommerso della povertà che potrebbe contare numeri più grandi quelli scritti sui registri».