Claudio Cesaris non voleva nemmeno essere difeso. E ora prova rimorso. Un rimorso così grande che ieri mattina per la prima volta gli ha fatta prendere la parola e alzare la testa davanti alla Corte d’Assise. Da un angolo dall’aula ha chiesto perdono per aver ucciso con due colpi di pistola il professore dell’Università della Tuscia Dario Angeletti. L’omicidio è avvenuto il 7 dicembre 2021 nel parcheggio delle Saline, poco distante dalla sede distaccata dell’Unitus.
Per l’accusa - che ha chiesto 23 anni di carcere - era un omicidio premeditato aggravato dai futili motivi. «Voglio chiedere perdono - ha detto con la voce strozzata -, perché ho dato tanto dolore. Quella persona non era il Claudio che è adesso e non mi riconosco in quello che ho fatto. E’ una sofferenza immane, ho tolto la vita a una persona. La cosa mi angoscia, mi toglie il respiro, perché non c’è una giustificazione. Questo sarà il pensiero che mi accompagnerà, e mi accompagna, per tutto il resto della mia vita».
Poche parole che precedono la lunga arringa dai suoi due difensori, avvocati Michele Passione e Alessandro De Federicis. Per l’ultima udienza del dibattimento - velocissimo visto che le parti hanno concordato di non ascoltare i testimoni e di far giudicare Cesaris sulla base degli atti di indagine - i due legali hanno puntato tutto sul far decadere le aggravanti e soprattutto il reato di stalking nei confronti della ricercatrice dell’Unitus, ex compagna di Cesaris e causa scatenante della gelosia di quest’ultimo.
«Intervengo in difesa di un uomo - ha affermato l’avvocato De Federicis- e non per giustificare il fatto.
La famiglia si copre le orecchie con le mani, come se non volesse più ascoltare una parola. Scuote la testa. La famiglia cerca giustizia. «Chiedo una sentenza giusta - afferma l’avvocato Passione - non una esemplare». Per la sentenza c’è ancora tempo. La Corte d’Assisi ha fissato la fine del processo per il prossimo 10 maggio.