Mafia viterbese, il boss Rebeshi assolto per le estorsioni. Il Tribunale di Viterbo: «Non c'è traccia del suo concorso»

Ismail Rebeshi
di Maria Letizia Riganelli
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Martedì 28 Febbraio 2023, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 16:57

«Nessuna traccia del concorso di Ismail Rebeshi nelle estorsioni del fratello David». Il collegio del Tribunale di Viterbo in 41 pagine di motivazioni spiega come sia arrivato ad assolvere il capo di mafia viterbese dall’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso. La vicenda è nota. E’ quella per cui finì in arresto il fratello minore David. Secondo l’accusa il 34enne albanese aveva, insieme a 4 ventenni connazionali (già condannati in via definitiva per estorsione aggravata dal metodo mafioso) estorto denaro a due imprenditori viterbesi che avevano contratto debiti con Ismail. Quest’ultimo fu indagato come mandante.

Per la Dda di Roma sarebbe stato proprio lui a chiedere al fratello di recuperare quelle somme e lo avrebbe fatto mentre era ristretto in carcere tramite telefonate e mail intercettate dagli inquirenti. Per questi fatti, una estorsione consumata e una tentata, la Procura aveva chiesto 12 anni e mezzo di carcere per entrambi i fratelli. Il collegio del Tribunale di Viterbo però ha assolto Ismail e condannato David per estorsione “semplice”, non riconoscendo l’aggravante mafiosa. «Ismail Rebeshi - si legge nelle motivazioni - non ha mai istigato il fratello a pretendere denaro dai debitori con metodi estorsioni. Nelle mail prese in esame si denota che il proposito di vendere qualche autovettura era finalizzato a pagare la sua difesa e a sovvenzionare la detenzione».

Secondo i giudici tra quelle mail inviate dal carcere non c’è «nessun accenno a cercare il recupero del denaro con metodi estorsioni.

Tanto da permettere di affermare l’estraneità di Ismail rispetto alla condotte estorsive di David Rebeshi». Il fratello minore del boss avrebbe fatto tutto da solo. Avrebbe agito da solo anche quando per costringere i debitori a pagare avrebbe scritto: «Devi dire grazia a dio, se quello era fuori era peggio per lui». «Per quanto il riferimento a Ismail sia evidente - spiegano i giudici di prima grado - si tratta di parole di David che non necessariamente derivano da un’istigazione di Ismail o di concerto con quest’ultimo nel pianificare l’azione criminale, che per quanto emerge dalla istruttoria dibattimentale risulta riconducibile al solo David».

Per il collegio non sarebbe stata provata nemmeno l’aggravante mafiosa. «Gli esiti inducono a escludere l’aggravante, le vittime dichiarato di non aver nitrino sentimento di paura verso Ismail». La sentenza di primo grado entro le prossime due settimane potrebbe essere impugnata dalla Dda, per un ricorso in Appello.

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