Gli esperti del comitato motivano il no all'ipotesi delle scorie radioattive nella bassa Tuscia

Gli esperti del comitato motivano il no all'ipotesi delle scorie radioattive nella bassa Tuscia
di Ugo Baldi
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Mercoledì 10 Marzo 2021, 14:50 - Ultimo aggiornamento: 20:24

Presentate alla Sogin, che ha elaborato il progetto del deposito nazionale di scorie radioattive, le osservazioni prodotte dal Comitato per la salvaguardia del territorio di Corchiano e della Tuscia che ne chiede l'esclusione. Le obiezioni sono state redatte dall'avvocato Vanessa Ranieri, dalla geologa Laura Amicucci e dall'archeologa Elena Foddai. Hanno messo in evidenza come la tutela del territorio di Corchiano, Vignanello e Gallese sia un punto fermo degli abitanti.

Le tre esperte hanno sostenuto l'incompatibilità dello stoccaggio di scorie con la vocazione del posto, la storia e le produzioni tipiche esistenti, trattandosi di un'area «di grande valore naturalistico riconosciuta a livello internazionale», oltre che la prossimità di centri abitati. Sarebbe rischioso ipotizzare il deposito vicino a un imponente impianto di compressione del metano e a una fabbrica di esplosivi (due strutture che effettivamente sono presenti nel territorio). Insomma, è un no che allontana la Sogin dalla bassa Tuscia.

L'avvocato Ranieri ha posto l'attenzione sulla vocazione agricola delle comunità e delle aree individuate dove sono presenti eccellenti produzioni agricole, oltre ad una fitta rete di zone ad interesse comunitario, zone speciali di conservazione, parchi naturalistici e monumenti naturali, realtà consolidate e vincolanti che cozzano con l'ipotesi di realizzazione di un deposito di rifiuti radioattivi.

La geologa Laura Amicucci ha posto invece l'attenzione sulla fitta presenza di falde acquifere superficiali, presenti in tutte le aree indicate.

Queste falde ora sono state georeferenziate, accatastate e segnalate rappresentando anche un aggiornamento delle carte geologiche. Citato anche lo studio di una società tedesca, in cui si evidenzia che i valori di conducibilità idraulica presenti in quelle falde non sono compatibili con la realizzazione di un deposito di rifiuti nucleari.

L'archeologa Elena Foddai, infine, ha mappato ed evidenziato sistematicamente le numerose presenze archeologiche esistenti nelle quattro aree prese in esame, mettendo in evidenza che gli sviluppi futuri delle indagini archeologiche appena avviate «potrebbero essere interrotti nell'eventuale realizzazione del deposito». Dal documento è emersa una imponente presenza di opere del passato, quasi del tutto ancora da scoprire e studiare.

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