Francesco Curti, appassionato di Star Wars protagonista dello spot Tim

Francesco Curti con Amadeus
di Luca Telli
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Martedì 24 Dicembre 2019, 13:15 - Ultimo aggiornamento: 27 Dicembre, 19:15
Per Francesco Curti, 36 anni il primo gennaio, Star Wars non è solo una saga, è un ricordo cucito sulla trapunta di famiglia da custodire gelosamente per i giorni di pioggia. Un rito, con un'iniziazione in piena regola, a long time ago.
«É stato mio padre a trasmettere a me e ai miei fratelli la passione per la fantascienza - racconta - La prima volta di Una nuova speranza' non me la ricordo, uscì nel 1977. Non ero nato per il cinema e ero troppo piccolo per il debutto in versione domestica. La seconda, la terza e tutte le altre sì».
Quante siano le visioni oggi, ha perso il conto
«Forse 150, tra gli episodi ufficiali e gli spin off degli ultimi anni».
Anni in cui i colori hanno ritoccato le caselle del pantone. Le antenne a forma di orecchie da coniglio della tv anni '80 sostituite da schermi a Led.
«Ma le emozioni, sono identiche».
La vita, quella vera, lo ha spinto da un'altra parte. Gli studi in tecniche ortopediche e un'attività da mandare avanti: tra plantari, fasce contenitive e tutori articolari e muscolari.
«Che non sarà la mano meccanica di Anakin o Luke Skywalker ma chi lo sa che in futuro non ci arriveremo. Da piccolo l'avrei voluta, il mio sogno era quello di essere un cavaliere Jedi».
Cosplay, eventi e chiamate dalla tv, in qualche modo ci sei riuscito ?
«Non proprio come avevo immaginato ma sì. Pure se vado meglio come pilota della resistenza', poca forza' e tanto fanatismo fantascientifico. Mi manca il cinema ma la vedo dura».
Il telefono intanto continua a suonare, l'ultima volta qualche giorno fa.
«Per l'eventoal cinema Savoy di Roma: première notturna di Rise of Skywalker' con tutto il consiglio d'amministrazione della Tim. Un appuntamento che fa parte degli omaggi che l'azienda ha voluto dedicare al capitolo conclusivo della saga. L'intro era stato lo spot con Amadeus girato alla stazione centrale di Milano che sta passando questi giorni, due giorni di levatacce e divertimento».
Un caratterista 2.0. Mai pensato di farne un lavoro?
«Il sogno per ora rimane nel cassetto. A Milano mi sono divertito, Amadeus è stato simpatico e disponibile. Capitano a volte delle buone occasioni. Ma per me resta una passione, profonda e intensa: un legame con la mia infanzia, per tenere vivi i ricordi quando inizieranno a sbiadire».
Lo Spot Tim resterà a lungo, fino a quando esisterà YouTube almeno. Il contatto come c'è stato?
«Grazie a un amico. L'ho conosciuto in uno dei tanti appuntamenti in Italia e all'estero che ho frequentato in questi anni. Una parola per telefono e poche ore dopo ero sul FrecciaRossa . C'è stata anche un provino, legato più al vestito che a altro: doveva essere preciso fino al più piccolo dettaglio».
Mica una roba da ridere...
«No infatti. Anche perché la Disney ha la proprietà intellettuale sugli abiti e l'unico modo per non correre rischi è fabbricarseli con tanta pazienza. Ne ho 6. Per tutti ho personalmente comprato le stoffe, alcune le ho fatte arrivare dagli Stati Uniti. Ho imparato anche a cucire. Per gli accessori invece, da qualche anno ho acquistato una stampante 3d e realizzo prodotti. Per avere il via libera comunque non basta, serve l'approvazione di una commissione riconosciuta ufficialmente dalla Disney come la 501st Legione (5500 membri in tutto il mondo alla quale Curti per anni ha partecipato attivamente). Insieme alla Rebel Legion, l'unico gruppo, di costuming ufficiali di Star Wars».
Rise of Skywalker', commento a caldo?
«Rimango fedele alla prima trilogia. Non solo per una questione sentimentale, quanto per storia e sforzo fatto per arrivare a un prodotto che ha fatto la storia del cinema. Parlo soprattutto di Episodio 5, insieme a Bladerunner una delle migliori pellicole di fantascienza di sempre. Ricreare effetti speciali oggi è relativamente semplici. Far apparire sullo schermo la morte nera' diversa da un modellino è qualcosa di diverso».
Tre le finalità della 501st, conosciuta anche come Pugno di Vader (Vader's Fist), c'è anche quello di regalare momenti di serenità alle persone meno fortunate.
«Mi è capitato di andare tra le corsie di alcuni reparti di oncologia pediatrica. L'ultima volta all'Umberto I a Roma. È un pugno nello stomaco. Anzi, un vero schifo vedere la malattia che aggredisce dei bambini. Ma è bello vedere una scintilla di gioia nei loro occhi davanti a dei matti, dei bambini mai cresciuti, mascherati come fosse carnevale in piena estate».
Come hai fatto a rompere il ghiaccio?
«Per fortuna ci hanno pensato loro. I bambini sanno sempre trovare le parole giuste. È un'esperienza che è servita più a me che a loro. L'autentica forza' è quella che mettono in campo ogni giorno davanti a un mostro terribile più di chiunque altro. Sarebbe questa una saga da chiudere quanto prima».
 
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