Parla Farris: la Lazio, la famiglia e il futuro. E quelle pillole su Sarri. «Lo scudetto? Dico Juve»

Massimiliano Farris nella redazione del Messaggero a Viterbo
di Marco Gobattoni e Giorgio Renzetti
7 Minuti di Lettura
Venerdì 19 Gennaio 2018, 10:20 - Ultimo aggiornamento: 11:37
Arriva nella redazione viterbese del Messaggero dopo una giornata intensa a Formello, ma parla a braccio per un’ora e mezza e ripercorre l'esperienza sportiva che sta vivendo un momento magico alla Lazio. Massimiliano Farris, vice-allenatore della Lazio, ha trovato l’eldorado come collaboratore tecnico di Simone Inzaghi. La sua è stata una vita dedicata al calcio: esordio a 17 anni con la Pro Vercelli in serie C2; poi 4 presenze in serie A con la maglia del Torino e 126 in serie B. Tanta gavetta anche in serie C: poi il percorso da allenatore con le esperienze a Sora, Pomigliano e alla Viterbese, fino alla svolta con la Lazio. Nel luglio 2014 arrivata la chiamata della Primavera: ma la data spartiacque è quella del 3 aprile 2016, quando Inzaghi lo chiama in prima squadra.
 
Farris: dalle collette a Viterbo per giocare la domenica al sogno della serie A: come le è cambiata la vita?
«Sono rimasto sempre lo stesso. Il calcio è stata la mia vita fin da ragazzino e ho lottato per arrivare dove sono adesso. Chiaramente la serie A ti proietta dentro una dimensione diversa: vivi e lavori dodici ore al giorno pensando al calcio e questo mi piace da impazzire».  

L’incontro con Simone Inzaghi ha rappresentato la svolta della sua carriera.
«Assolutamente. Con Simone vediamo il calcio alla stessa maniera. La nostra è stata un’avventura nel vero senso della parola. Siamo stati catapultati alla Lazio quando eravamo convinti di dover ripartire dalla Salernitana: non abbiamo avuto il tempo di pensare molto, ci siamo messi a testa bassa a lavorare e siamo arrivati dove siamo ora».

La serie A cambia la vita, ma richiede tante energie e toglie il tempo a famiglia e svaghi.
«E’ vero, ma la mia famiglia in questi anni mi è stata sempre vicino, diciamo che mi ha supportato e sopportato. Le miei figlie sono cresciute sui gradoni degli stadi e mia moglie è una curvaiola. Ovviamente arrivare a questo punto mi ha concesso anche dei vantaggi economici che ho investito sulle mie figlie».

Tre ragazze che studiano all’estero.
«Sono il mio orgoglio. Una studia in Scozia, l’altra è in erasmus vicino a Londra e una tornerà a febbraio da New York».

Nonostante la ribalta però, la famiglia Farris ha messo le radici a Viterbo: si è innamorato della Tuscia.
«Viviamo da dodici anni qui a Viterbo. Ma questa è una città che mi fa arrabbiare. Ha delle potenzialità assolute che non vengono sfruttate. A me piace coltivare le amicizie e con l’incastro giusto dei tempi vivo la città. Giro, vado a cena fuori e scopro lati di questo gioiello che molti non conoscono».

E i viterbesi…
«Mi sembra quasi che ci si accontenti per poi lamentarsi. Quando invitiamo amici da fuori rimangono a bocca aperta davanti al quartiere medievale o alla bellezza delle terme. Durante la pausa del campionato sono stato a New York: bellissimo, ma una quartiere come San Pellegrino lì non c'è. Ho vissuto il trasporto di Santa Rosa da vicino e devo dire che è stata una cosa molto emozionante: beh ho sentito qualcuno che si era annoiato dicendo che la macchina era sempre la stessa. Per fortuna è una minoranza».

Magari la politica può aiutare a cambiare le cose: andrà a votare il 4 marzo?
«Assolutamente, l’impegno civico è fondamentale. Ancora non so per chi votare: quando ero ragazzo sentivo i discorsi in casa e c’erano delle figure politiche di riferimento. Oggi è più difficile: ne parlo con le mie figlie e spero che si recuperi un po’ di rispetto durante la campagna elettorale».

Inzaghi lo ha mai invitato a Viterbo?
«Ci ho provato, ma lui è sempre impegnatissimo. Era stato invitato al trasporto della macchina ma era fuori. Comunque la provincia la frequenta: lui è un appassionato di funghi e tra Ronciglione e Vetralla si fa vedere spesso».
 
Tornando al calcio: vedrà stasera la Viterbese in televisione?
«Non me la perdo. Vedo quattro partite al giorno ma mia moglie sulla Viterbese non transige. Conosco Stefano Sottili: è stato mio compagno a Barletta e devo dire che è un ottimo allenatore. Ha raccolto meno di quanto meritasse, ma con lui e Camilli la Viterbese è in ottime mani».

E poi ci sono i viterbesi Lombardi e Rossi...
«Due giocatori veri che avranno futuro. Abbiamo pensato di riprendere Rossi come vice-Immobile ma poi si è preferito lasciarlo crescere in una piazza importante come quella di Salerno. Lombardi è a Benevento in serie A: palestra fondamentale per la crescita».

Tornando alla Lazio: con Inzaghi mai uno screzio?
«Mai. Io avrei affrontato alcune vicende in maniera diversa, ma alla fine ha avuto sempre ragione lui e questo per me è stato fonte di insegnamento».

Cosa resta dell’estate 2016?
«Sentivamo di meritare la Lazio dopo la parentesi di sette partite post esonero di Pioli. Siamo arrivati in una situazione tesa con la stagione che si era chiusa male. Ci siamo messi al lavoro senza pensare molto e alla fine siamo riusciti a sfatare la maledizione del secondo anno che avvolge gli allenatori della Lazio».

Lo spartiacque è rappresentato dalla vittoria in Supercoppa contro la Juventus.
«Quello è il completamento di un percorso che abbiamo bissato anche quest’anno in campionato. Vincere una partita dopo essere stati recuperati dal doppio vantaggio ci ha dato una consapevolezza assoluta della nostra forza».

Chi vince lo Scudetto tra Napoli e Juventus?
«Secondo me la Juve è più profonda e ha una mentalità unica in Italia. Il Napoli però c’è ed ha un maestro come Maurizio Sarri che insegna calcio. L’ho avuto alla Sangiovannese in serie C e devo dire che lui è stato decisivo nel farmi scegliere la carriera di allenatore. Usava le videocassette con le partite degli avversari e segnava il minuto in cui avevi commesso un errore. E’ un personaggio dall’ironia tagliente che in questi anni si è un po’ ammorbidito: alla Sangiovannese chi usava le scarpette bianche o la fascetta per i capelli non giocava».

Come si svolge il suo lavoro alla Lazio?
«Abbiamo un staff completo che lavora in sinergia. Lavoriamo molto sul campo ma con la tecnologia di oggi si lavora molto anche fuori. Mi occupo principalmente della parte difensiva: in Italia la tattica è importante ma si vince con la testa e i colpi dei fuoriclasse».

Alla Lazio avete Milinkovic Savic che profuma di predestinato.
«Serjej ha una fisicità mostruosa. Contro la Sampdoria abbiamo vinto una partita grazie a lui che va a stoppare una palla di petto dove nessuno può arrivare. Ma abbiamo tanti elementi importanti».

E se rinnova De Vrij….
«Con lui abbiamo fatto un lavoro notevole. Gli olandesi sono abituati a difendere in avanti: in Italia se lo fai gli avversari ti massacrano. Stefan è uno che ha sempre voglia di migliorarsi: gli giriamo i video personalizzati con le immagini degli avversari da affrontare la domenica e lui ce ne chiede altri».

La squadra ha risentito della vicenda legata agli adesivi di Anna Frank?
«No. Gli italiani possono essere più sensibili, ma abbiamo tanti calciatori stranieri che magari la domenica vedono la curva vuota e ci chiedono cosa è successo».

Ha mai pensato a un’esperienza come primo allenatore?
«E’inevitabile pensarci e non posso negare che mi piacerebbe. Al tempo stesso però dico anche che qui alla Lazio sto in paradiso: non devo pensare a niente, soltanto al lavoro. E poi ho una grande riconoscenza verso Inzaghi che mi ha dato la possibilità di arrivare fino alla serie A».

Poi con gli occhi della Juventus addosso…
«L’interesse di una società come la Juve può fare solo piacere. Simone si è meritato questa vetrina, ma posso assicurare che siamo concentratissimi e pensiamo esclusivamente alla Lazio: vogliamo raggiungere grandi obiettivi per la tifoseria e la società».

Come ha vissuto l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali?
«E’ stata una ferita, ma penso anche che sia stato un caso. Ventura ha commesso degli errori ma sarebbe ingiusto buttare la croce addosso ad una sola persona. Lui sarà per sempre l’allenatore che non ha portato l’Italia ai Mondiali ma dobbiamo prendere anche atto che la qualità dei nostri giocatori non è più quella dei tempi in cui giocavano Totti, Del Piero e gli altri».

Le elezioni del presidente federale possono rappresentare un’importante occasione di rilancio.
«Speriamo. Non vorrei che la ributtassimo in politica con la spartizione degli incarichi. Penso che Tommasi possa essere la persona giusta, ma ben vengano i manager a patto che si occupino esclusivamente della parte amministrativa e lasciano il lavoro prettamente calcistico a chi ne sa di più».
 
 
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