Vaticano, Becciu in aula: «Mi faccio giudicare, come ha voluto il Papa»

Vaticano, Becciu in aula: «Mi faccio giudicare, come ha voluto il Papa»
di Franca Giansoldati e Valentina Errante
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Mercoledì 28 Luglio 2021, 12:52 - Ultimo aggiornamento: 12:53

CITTÀ DEL VATICANO È iniziata con un clamoroso rinvio al 5 ottobre, deciso dal presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone, la Mani Pulite d'Oltretevere. Il rinvio darà modo a tutti gli imputati nove laici e un cardinale - di difendersi meglio e prendere visione di quei documenti mancanti che finora non hanno mai avuto o dei quali non erano nemmeno a conoscenza. Come per esempio le videoregistrazioni del pentito, monsignor Alberto Perlasca, l'ex responsabile della parte economica della Segreteria di Stato, graziato per aver collaborato con la giustizia.
La complicata vicenda che ha preso forma dalle indagini dell'ormai famoso immobile di pregio a Londra e dal mancato prestito che lo Ior rifiutò di erogare alla Segreteria di Stato ha fatto affiorare tutta la debolezza di un sistema che stavolta si trova a giudicare se stesso. Gli occhi dell'Europa - e persino di Moneyval sono puntati, implacabili, sui futuri sviluppi e su come il tribunale del Papa saprà garantire un giusto ed equo processo. Una questione che durante le sette e passa ore di schermaglie procedurali è affiorata in continuazione.
GIUDIZIO
Per la prima volta il Sommo Pontefice ha dato il via libera a portare a giudizio alti funzionari della curia, ex vertici dell'Authority finanziaria, compreso alcuni uomini di affari (Torzi, Mincione e Crasso) e una sedicente Mata Hari, Cecilia Marogna, che, tramite il suo difensore, ha chiesto di essere liberata dal segreto di Stato sulle operazioni di intelligence di cui è stata il tramite per la liberazione di ostaggi nelle mani dell'Isis. A giudizio c'è persino un cardinale, Angelo Becciu al quale Papa Francesco, esattamente un anno fa ha tolto l'incarico, privandolo dei diritti del cardinalato.
A giudicare dalla mole di carte circa 19 mila pagine dal numero monstre di testimoni che saranno chiamati a deporre (più di 200) il percorso giudiziario si annuncia lungo e complicato.
Quando il cardinale Becciu (l'unico presente tra i dieci imputati insieme al suo segretario, monsignor Mauro Carlino) è entrato nell'aula e si è andato a sedere nell'ultima fila di banchi, dopo essere passato sotto il metal detector come tutti gli altri, si è fatto silenzio. E' apparso smagrito ma deciso ad andare fino in fondo a difendersi. Nella tasca del clergyman aveva un minuscolo Vangelo e al collo un crocifisso di ferro dono dei missionari. L'accusa più grave è di avere usato in modo disinvolto i fondi dell'Obolo di San Pietro per finanziare la Caritas di Ozieri, in Sardegna, la sua zona d'origine dove lavora anche il fratello in una cooperativa che gestisce l'accoglienza ai migranti. Ma anche di avere esercitato interferenze nell'investimento scellerato del palazzo di Londra. Becciu saluta alcuni amici, prende appunti mentre ascolta gli interventi accanto ai suoi avvocati. «Obbediente al Papa che mi ha rinviato a giudizio (sono sempre stato obbediente al Papa), mi ha incaricato di tante missioni nella mia vita e ha voluto che venissi a processo e sono qui. Come mi sento? Sono sereno, tranquillo con la mia coscienza, ho la fiducia che i giudici sapranno bene vedere i fatti e la mia grande speranza (ma anche certezza) è che riconoscano la mia innocenza» dice ai giornalisti, aggiungendo anche di avere dato mandato ai suoi avvocati di querelare per calunnia Perlasca e la pr Immacolata Chaouqui per «le gravi falsità che hanno detto», riportate nelle carte processuali.
TRIBUNALI SPECIALI
In aula c'è anche l'ex ministro della Giustizia, l'avvocata Paola Severino, rappresenta la Segreteria di Stato e l'Apsa, parti civili nel procedimento. Nel suo intervento ricorda che questo processo ha connotati «Fortemente morali e che la segreteria di Stato ha subito un danno economico e di immagine». Pignatone al termine revoca l'ordinanza di cattura, mai eseguita, emessa dal promotore di giustizia (che dà parere favorevole) nei confronti del finanziere Raffaele Mincione. Allo stesso tempo chiede al Promotore di Giustizia di depositare i supporti video degli interrogatori di Perlasca e degli altri testimoni, i documenti non allegati (alcuni relativi a rogatorie), i supporti informatici sequestrati agli imputati e il contenuto di nove pennette sequestrate a Enrico Crasso, l'uomo che per 27 anni ha gestito il patrimonio della Santa sede. Il suo difensore, Panella si fa interprete del timore condiviso da tutti gli altri avvocati: che allo stato attuale il processo agisca in una sorta di regime di eccezione per via di ben tre Rescriptum papali con i quali è stato dato all'ufficio del Promotore di Giustizia carta bianca su tutto, una sorta di deroga alle normative vigenti.

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